Sono le caratteristiche dei carboidrati presenti negli alimenti (la loro “qualità” nutrizionale complessiva, in altre parole) il fattore determinante che ne condiziona gli effetti sul rischio cardiometabolico. Le scelte dei consumatori devono quindi privilegiare gli aspetti di qualità nutrizionale di questi macronutrienti, adeguandone le quantità ai fabbisogni individuali, analogamente a quanto già emerso per grassi e proteine.
Dopo i risultati deludenti degli studi condotti con diete a ridotto contenuto di grassi (e quindi, implicitamente, a maggiore contenuto in carboidrati), infatti, l’attenzione degli esperti e del pubblico si è focalizzata sui carboidrati: in prima istanza sulle loro quantità di consumo (dando origine ad una ricca serie di diete low-carb o no-carb, assai popolari ma poco consistenti sul piano scientifico) e, in seguito, con una rivalutazione degli aspetti, invece, di natura qualitativa.
Un cambio di passo che si è rivelato decisivo non soltanto per mantenere lo stato di salute e benessere in chi è sano, ma anche per migliorare il profilo cardiovascolare di chi presenta uno o più fattori di rischio cardiometabolico.
Nei paragrafi che seguono, sono delineate alcune tappe recenti di questo processo, le cui conclusioni possono essere ben sintetizzate dall’editoriale di Mark A. Pereira, epidemiologo dell’Università del Minnesota, che commenta così i risultati dello studio PREDIMED-Plus, pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition: «L’assunzione di carboidrati di alta qualità (nutrizionale, n.d.r.) da un’ampia varietà di fonti è la base del modello di alimentazione mediterranea, noto tra l’altro per il profilo salutare relativo anche agli acidi grassi. Il PREDIMED-Plus, condotto su una popolazione a rischio elevato (soggetti sovrappeso o obesi con sindrome metabolica, n.d.r.), ribadisce quanto un apporto moderato di tali carboidrati, associato alla limitazione di quelli raffinati, sia la caratteristica fondamentale per garantire un’alimentazione salutare alla maggior parte della popolazione».
I risultati dello studio sotto l’egida OMS
Nel febbraio 2019 Lancet pubblica i risultati dell’analisi, commissionata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sul rapporto tra vari indicatori della qualità dei carboidrati (ricchezza in fibre assunte con gli alimenti, origine da cereali integrali e semi, indice glicemico, carico glicemico) e patologie non infettive (incidenza, mortalità e fattori di rischio) in popolazioni sane all’inizio del periodo di osservazione, o comunque senza patologie acute o croniche in atto, pur presentando segni di pre-diabete, ipercolesterolemia o ipertensione lievi-moderate, sindrome metabolica. Non sono stati considerati, invece, gli studi finalizzati alla perdita ponderale, o nei quali era previsto l’uso di integratori a base di fibre. Nel complesso l’indagine ha riguardato 185 studi prospettici (135 milioni perso-ne-anno) e 58 trial clinici (4.635 adulti e bambini).
Questi i risultati:
- Fibre. Il consumo di alimenti ad elevato tenore di fibre mantiene saldamente un ruolo di primo piano come abitudine salutare: l’associazione tra quantità di fibre assunte e riduzione del rischio di patologie cardiometaboliche è infatti lineare (v. Tabella). Inoltre, poiché anche i risultati dei trial clinici e degli studi prospettici coincidono, si può ragionevolmente affermare che si tratti di un rapporto di tipo causa-effetto.
I benefici più consistenti, negli adulti, emergono per livelli di assunzione di fibre pari a 25-29 g quotidiani, che si associano a una riduzione importante (tra il 15 e il 31%) del rischio di mortalità per tutte le cause, di mortalità per cause oncologiche, di incidenza e mortalità per malattie cardiovascolari e, nello specifico, di incidenza di ictus ischemico e di tumore colorettale, mammario ed esofageo.
Il consumo medio quotidiano di fibre con gli alimenti, nel mondo, non supera però i 20 g al giorno. Gli Autori ripetono l’appello a incrementare l’apporto quotidiano degli alimenti ad alto contenuto di fibre. - Cereali integrali. I benefici associati all’assunzione di cereali integrali sono quantitativamente simili a quelli emersi per le fibre, delle quali garantiscono un ottimo apporto. I loro effetti di salute possono tuttavia essere più ampi, per la presenza, nei cereali integrali, anche di minerali e vitamine, nonché di specifici antiossidanti. Il rischio di mortalità totale, malattia coronarica, diabete di tipo 2, mortalità oncologica, mortalità per ictus ischemico si riduce anche in questo caso in modo lineare, al crescere degli apporti di cereali integrali ed è mediamente pari al 20% (tra 13 e 33%). Nei trial in cui viene promossa l’assunzione di cereali integrali, si evidenziano inoltre calo ponderale e riduzione della colesterolemia.
- Indice Glicemico. Il ruolo dell’indice glicemico (IG) appare subordinato rispetto a quello del contenuto di fibre e dell’apporto di cereali integrali. L’incidenza di diabete di tipo 2 si riduce del 5% nei soggetti che seguono un’alimentazione a basso indice glicemico; più marcata è invece la riduzione della mortalità per ictus. Il ruolo del carico glicemico (CG), che considera anche la quantità dei carboidrati consumati, oltre alla risposta insulinica che gli stessi generano dopo il consumo, sembra di minore rilevanza.
Gli Autori ricordano però che nella metanalisi non sono stati inclusi gli studi prospettici e i trial clinici condotti su pazienti con diabete conclamato di tipo 2, o con iperlipidemia grave, cioè i soggetti per i quali la valutazione di indice e carico glicemico ha invece un ruolo di primo piano.
Un maggiore ruolo per l’indice glicemico, e di conseguenza per il carico glicemico, è ipotizzato in un’altra revisione della letteratura, pure recentemente pubblicata da Livesey su Nutrients: il rischio di diabete di tipo 2 aumenta del 25% circa per ogni incremento di 10 punti dell’indice glicemico della dieta.
In associazione alla stessa variazione dell’indice glicemico, il medesimo autore aveva rilevato, in una metanalisi precedente, un aumento del rischio di malattia coronarica compreso tra il 25 ed il 44%.
In ambedue i casi, un’attenta valutazione dei criteri di Bradford-Hill confermerebbe la natura causale della relazione tra le variazioni dell’indice e del carico glicemico e l’incidenza delle patologie considerate.

L'apporto di fibre con frutta e verdura
Per quanto riguarda le fibre assunte con frutta e verdura, gli Autori citano la metanalisi pubblicata nel 2017 dall’International Journal of Epidemiology, da cui era emersa una riduzione media pari al 10% del rischio di coronaropatia, ictus e mortalità totale per ogni aumento di 200 g dell’assunzione quotidiana di frutta e verdura; inferiore, ma comunque significativa, anche la riduzione del rischio totale di malattie cardiovascolari e oncologiche. La metanalisi aveva evidenziato un’associazione lineare di tipo dose-risposta anche per frutta e verdura fino a un apporto di 800 g al giorno. In dettaglio: era stata dimostrata un’associazione inversa tra livelli di consumo di mele, pere, agrumi, vegetali a foglia verde, crucifere e insalata e malattie cardiovascolari o mortalità totale. Il rischio oncologico totale era risultato inversamente associato al consumo di vegetali, verdi o gialli, e di crucifere. Infine, gli Autori ricordano che, all’effetto benefico di frutta e verdura, concorrono tutti i componenti cosiddetti non nutritivi, dalle vitamine ai minerali ai polifenoli.
Disegno e scopo del PREDIMED-Plus
Ad ampliare i risultati della metanalisi OMS contribuiscono quelli dello studio PREDIMED-Plus (PREvención con DIeta MEDiterránea-Plus), nel quale la qualità dei carboidrati consumati da 6.874 soggetti tra uomini (55-75 anni) e donne (60-75 anni) con sindrome metabolica, è stata valutata in relazione al profilo di rischio cardiovascolare a 6 e 12 mesi.
All’inizio dello studio i soggetti sono stati suddivisi in due gruppi, in modo random: il primo è stato assegnato a un programma che prevedeva, oltre alle terapie già in atto, una dieta di tipo mediterraneo a ridotto apporto calorico associata ad attività fisica moderata, costante e adattata alle condizioni del singolo, e ad una terapia comportamentale di sostegno alla perdita ponderale; il secondo gruppo, di controllo, doveva seguire, accanto alle terapie già in atto, una dieta mediterranea, ma senza particolari restrizioni caloriche, né alcuna raccomandazione rispetto all’attività fisica o al calo ponderale.
La valutazione qualitativa dei carboidrati si è basata su quattro criteri, fissati in uno studio precedente, pure condotto in Spagna, il SUN: apporto totale di fibre con gli alimenti (g/die), indice glicemico, rapporto tra quota di cereali integrali e cereali totali (la somma cioè di cereali integrali, cereali raffinati e prodotti derivati), rapporto tra carboidrati solidi e carboidrati totali (solidi più liquidi).
Quest’ultimo parametro, che non era considerato nello studio OMS, completa la valutazione qualitativa dei carboidrati: è noto infatti che, a parità di apporto calorico, i carboidrati in forma liquida contribuiscono in misura minore al senso di sazietà.
I partecipanti (tutti) sono stati poi raggruppati in quintili in base al punteggio acquisito per ciascuno di questi quattro criteri, compreso tra 1 (il meno favorevole) e 5 (il più favorevole), in tutti i casi tranne che per l’indice glicemico, per il quale veniva assegnato un 5 al valore inferiore e un solo punto al valore più elevato.
La massima qualità dei carboidrati assunti corrispondeva quindi a 20 punti, mentre la qualità minima a 4 punti.
Il primo obiettivo del PREDIMED-Plus era la valutazione della perdita di peso a sei e a dodici mesi, associata alla qualità dei carboidrati. Gli obiettivi secondari erano la variazione del girovita, della pressione arteriosa, della glicemia e della lipidemia.
I benefici consolidati nell’arco di 12 mesi
Al termine dei 12 mesi di studio, nella maggior parte dei partecipanti di entrambi i gruppi è risultata migliorata la qualità dei carboidrati assunti, grazie a un incremento del consumo di frutta e verdura e a una riduzione del consumo di cereali raffinati (in prima battuta di pane bianco, a favore del pane integrale) e di bevande zuccherate.
Il profilo complessivo della dieta è quindi migliorato, grazie anche a una maggiore frequenza di consumo di legumi, pesce e frutta oleaginosa, alimenti tipici della dieta mediterranea. Va detto che i miglioramenti più significativi nella qualità dei carboidrati assunti si sono messi in luce nei soggetti che, al momento dell’inclusione nello studio, avevano totalizzato il punteggio più basso.
Complessivamente, quindi, il PREDIMED-Plus ha evidenziato un’associazione lineare tra miglioramento della qualità dei carboidrati di origine alimentare e riduzione dei principali fattori di rischio cardiometabolico. Anche l’entità dei benefici è aumentata linearmente nel tempo.
A mostrare i miglioramenti più evidenti, al termine dello studio, sono stati il peso, la circonferenza vita, la pressione sisto-diastolica, la glicemia a digiuno e i valori di HbA1c, la trigliceridemia, la colesterolemia HDL e il rapporto tra colesterolemia totale e HDL. I risultati sono stati più evidenti nel gruppo assegnato al programma combinato di dieta mediterranea a ridotto contenuto calorico, esercizio fisico e counseling psicologico, rispetto al gruppo di controllo (v. Figura). Questi dati confermano che la qualità, piuttosto che la quantità, dei carboidrati, riveste il ruolo primario nel determinare favorevolmente la salute cardiometabolica, tanto più in una popolazione che già presenta fattori di rischio. Il disegno dello studio, inoltre, permette di concludere che i vantaggi cardiometabolici di un’alimentazione attenta alla qualità dei carboidrati si consolidano nel tempo.

Il valore aggiunto del PREDIMED-Plus
Nell’editoriale a commento, già citato in apertura, Mark A. Pereira sottolinea il valore aggiunto dello studio PREDIMED-Plus, che segue il PREDIMED. Lo studio precedente aveva dimostrato come l’adesione ad un’alimentazione di tipo mediterraneo, caratterizzata da un apporto moderato di carboidrati e grassi di buona qualità (che comprenda frutta oleaginosa, olio extravergine di oliva, cereali integrali, legumi, frutta e verdura fresche), fosse in grado di ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari nella popolazione generale. Pereira evidenzia che gli scopi e il rigore del PREDIMED-Plus permettono prima di tutto di chiarire la fattibilità di un programma articolato, per un periodo di tempo abbastanza lungo da consentire di migliorare (e mantenere) i risultati già emersi nel PREDIMED, in una popolazione ad alto rischio cardiometabolico. Ma a proposito del fulcro dello studio, che consisteva nel definire il ruolo diretto della qualità dei carboidrati sul rischio cardiometabolico, Pereira sottolinea che l’adesione long-term a un’alimentazione di tipo mediterraneo, nella quale il 40% dell’energia era fornita da carboidrati di alta qualità, un altro 40% da grassi sempre di alta qualità e il restante 20% da proteine, era di fatto prevista anche per il gruppo di controllo. Ebbene, un miglioramento significativo dei principali fattori di rischio cardiometabolico è stato ottenuto, al termine dei 12 mesi di studio, anche in questo gruppo, in assenza quindi di attività fisica programmata e senza che fosse raggiunta alcuna perdita ponderale. «Anche se i risultati sono stati più marcati tra i soggetti che avevano affiancato alla dieta mediterranea attività fisica costante e moderata e counseling – ricorda Pereira – è evidente che migliorare la composizione della dieta e, nello specifico, la qualità dei carboidrati, apporta comunque benefici evidenti. Quelli che già Ancel Keys aveva ipotizzato e poi dimostrato circa 70 anni fa».
Conclusioni
- Dopo le dimostrazioni emerse per grassi e proteine, il fattore qualità si rivela decisivo anche nel caso dei carboidrati, per il mantenimento (nei soggetti sani), o il miglioramento (in chi presenta fattori di rischio) della salute cardiometabolica.
- L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha a questo proposito commissionato una metanalisi, per la quale sono stati selezionati 185 studi prospettici e 58 trial clinici, condotti su soggetti fondamentalmente sani.
- Tale metanalisi ha dimostrato che, alla qualità dei carboidrati assunti con gli alimenti, valutata in termini di più alto contenuto di fibre, di maggiori livelli di cereali integrali e semi e di indice glicemico ridotto, si associa una riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause, di mortalità per cause oncologiche, e infine di incidenza e mortalità per malattie cardiovascolari.
- I benefici si consolidano parallelamente all’aumento dell’apporto di fibre: i più consistenti emergono per un’assunzione quotidiana pari a 25-29 g.
- Il consumo di cereali integrali è altrettanto favorevole, probabilmente perché si tratta di alimenti ad alto contenuto di fibre. Inoltre, l’integrità del cereale garantisce l’apporto di microelementi non nutritivi, ma indispensabili (vitamine, minerali, polifenoli).
- Anche per quanto riguarda l’apporto di frutta e verdura (fonti di fibre e di vitamine, minerali, polifenoli), l’associazione con i vantaggi cardiometabolici è lineare e cresce fino a un consumo pari a 800 g al giorno.
- Un secondo studio recente, finalizzato ad approfondire il rapporto tra qualità dei carboidrati e salute cardiometabolica, è il PREDIMED-Plus, condotto in uomini e donne (55-75 anni) sovrappeso/obesi e con segni di sindrome metabolica, seguiti per 12 mesi.
- Nel PREDIMED-Plus sono stati confrontati due programmi di intervento: il primo comprendeva una dieta di tipo mediterraneo a ridotto apporto calorico, attività fisica e counseling; il secondo, di controllo, prevedeva la sola dieta mediterranea.
- Al termine dello studio, tutti i partecipanti avevano migliorato la qualità della propria dieta e, in particolare, quella dei carboidrati assunti. A questo miglioramento si è associata, in modo lineare e significativo, una riduzione di tutti i principali fattori di rischio cardiometabolico.
- Il miglioramento è stato più marcato, come del resto era atteso, nel gruppo assegnato al trattamento combinato. Ma il beneficio è stato ottenuto anche nei soggetti del gruppo di controllo.
- Questi risultati confermano l’importanza dell’apporto quotidiano adeguato di carboidrati di qualità per la popolazione in salute, ma anche per chi presenta fattori di rischio cardiometabolico.
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