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AP&B Alimentazione, Prevenzione & Benessere n. 1 - 2019

Direttore Scientifico

Franca Marangoni

Direttore Responsabile

Patrizia Alma Pacini

© Copyright by
Nutrition Foundation of Italy e Pacini Editore Srl

Coordinamento redazionale

Cecilia Ranza

Redazione

NFI - Nutrition Foundation of Italy
Viale Tunisia 38 - 20124 Milano
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Fax 02 76003514
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Grafica

Pacini Editore Srl
Via Gherardesca 1 - 56121 Pisa
Tel. 050 313011
Fax 050 313000
info@pacinieditore.it / www.pacinimedicina.it

Periodico mensile - Testata iscritta presso il Registro pubblico degli Operatori della Comunicazione (Pacini Editore Srl iscrizione n. 6269 del 29/08/2001)

 

L'Editoriale

Grani attuali: stessi nutrienti, piresa e sicurezza rispetto a quelli antichi

Franca Marangoni

Dopo essere stati abbandonati per decenni e sostituiti con gli omologhi a maggior resa produttiva, sono tornati in auge i grani che oggi definiamo “antichi”. Il successo dei prodotti a base delle farine derivate è una delle conseguenze della ricerca di tradizione e naturalità che caratterizza oggi i consumi alimentari: concetti che vengono automaticamente associati a benefici per la salute (oltre che per l’ambiente), in gran parte tutti da dimostrare.
Ci aiuta a fare chiarezza Amedeo Reyneri, Ordinario di Agronomia e Coltivazioni erbacee all’Università di Torino che, nell’Intervista di questo mese, sfata alcuni falsi miti ormai radicati e sottolinea come, sul piano nutrizionale, i grani moderni siano del tutto equivalenti a quelli antichi (presenza di glutine inclusa).
Una recente analisi di 41 tra modelli alimentari e diete, che sancisce il primato della Dieta Mediterranea, è invece al centro del Tema pubblicato in questo numero di AP&B.
Qualità nutrizionale, sostenibilità, effetti di salute, adattabilità alle esigenze dei singoli (per esempio, contenendo l’apporto calorico nel controllo del peso, oppure incorporando alimenti consentiti per casi specifici) e persino costi sono gli aspetti che autorevoli esperti hanno considerato, per classificare questo corposo gruppo di diete a grande diffusione.
L’analisi conferma che il contributo alla salute complessiva dipende da frugalità, base vegetale e varietà delle scelte alimentari, gli aspetti che accomunano i tre modelli giudicati migliori: vale a dire, dopo la Dieta Mediterranea, la DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) e la flessitariana.

 

Buona lettura!

 

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Il Tema

Nel confronto tra 41 diete e modelli  alimentari, l’approccio mediterraneo rafforza il suo primato

a cura della Redazione di AP&B

Una ricognizione di taglio essenzialmente pratico su modelli alimentari e diete (41 la lista totale), senza perdere di vista la scientificità: questa la proposta, rinnovata anche per il 2019, del sito statunitense U.S.News (https://health.usnews.com). La classificazione e le motivazioni a sostegno delle scelte sono state affidate a un panel di 23 esperti, scelti tra specialisti di alimentazione e/o comportamento alimentare, neurobiologi, cardiologi, diabetologi e dietisti statunitensi di maggior rango.
Nove gli aspetti vagliati per ciascuna dieta: la qualità complessiva, la completezza e la sicurezza per tutti sul lungo periodo, le caratteristiche protettive per la salute cardiovascolare, le   ricadute favorevoli sul diabete o sull’alto rischio di diabete di tipo 2, la capacità di combinare difesa della salute e sostenibilità, la facilità di adesione nel tempo; molto specifiche poi le ulteriori valutazioni, per individuare la miglior dieta per perdere peso e la migliore per perdere peso velocemente, salvaguardando sempre la salute; infine la migliore dieta commerciale, tra quelle che implicano l’adesione a pagamento a un programma strutturato, o l’acquisto di prodotti con un determinato marchio.
Va detto subito che questo lavoro certosino ribadisce, in un linguaggio accessibile e con ricchezza di suggerimenti pratici, ciò che la ricerca ha confermato da anni: la Dieta Mediterranea è stata giudicata la migliore per qualità complessiva, immediatamente seguita dalla DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) e dall’approccio Flexitarian Diet che, su una base vegetariana, concede flessibilmente incursioni nel mondo degli alimenti di origine animale. Ma non sono solo queste le conclusioni degne di nota dell’analisi.

Dieta Mediterranea: i perché di un primato

La Dieta Mediterranea non primeggia soltanto come miglior dieta sotto il profilo complessivo. Conquista altri cinque primi posti, perché coniuga salute, sicurezza e sostenibilità, ha una valenza cardioprotettiva più che dimostrata, è l’alimentazione di scelta anche nell’alto rischio di diabete ed è (persino per la realtà USA) un modello a cui è facile adattarsi e aderire, grazie alla varietà delle proposte e al gusto. A sostegno dei molti primati, i 23 esperti si rifanno non solo all’esperienza personale con i pazienti, ma anche alla solidissima letteratura internazionale, condotta su popolazioni diverse e in contesti socioculturali variegati.
L’analisi statunitense considera anche il versante del costo. È vero che alcuni ingredienti del “mangiare mediterraneo” non sembrano a buon mercato, ammettono gli Autori, ma il risparmio si costruisce cucinando a casa, riducendo gli acquisti di carni e di piatti precotti, imparando ad approfittare delle offerte di frutta e verdura stagionali e utilizzando vegetali e legumi surgelati.
La Dieta Mediterranea è una scelta a cui è facile aderire, affermano gli esperti, anche per chi è celiaco, perché oggi la disponibilità di ingredienti senza glutine è ampia e facilmente reperibile; chi deve mantenere basso il tenore di sale è facilitato dalle raccomandazioni sul consumo di frutta e di verdure, queste ultime da condire con insaporenti diversi dal sale (aceto, limone, erbe aromatiche, spezie); infine, la Dieta Mediterranea può essere adattata alle necessità delle popolazioni che si affacciano sul bacino mediterraneo e che hanno tradizioni culinarie dettate da principi religiosi molto stringenti, utilizzando ingredienti della cucina kosher e di quella halal.

A proposito di DASH e di Flexitarian Diet

Non stupisce che la DASH, cioè il complesso di indicazioni alimentari promosso dal National Heart, Lung and Blood Institute (NHLBI) statunitense per prevenire l’ipertensione, o contribuire a trattarla, segua immediatamente la Dieta Mediterranea nella classifica di miglior dieta globale.
Tenere sotto controllo l’ipertensione si può, consumando regolarmente alimenti che apportano potassio, calcio, proteine e fibre a nota valenza antipertensiva, quindi frutta e verdura, cereali integrali, proteine da carni magre e pesce e latticini a ridotto contenuto di grassi, infine incoraggiando una progressiva riduzione del sodio a 2,3 g/die, ma anche a 1,5 g/die.
Bilanciata e sicura sul lungo periodo, la DASH è molto meno limitante di quanto possa apparire: il sito segnala alcuni link di alto profilo, come guida per ricette a misura di equilibrio pressorio, tra cui quello allo stesso NHBLI (https://healthyeating.nhlbi.nih.gov) e alla Mayo Clinic, con ben 180 proposte (www.ma.yoclinic.org/healthy-lifestyle/recipes/dash-diet-recipes/rcs-20077146).
Come la Dieta Mediterranea, la DASH può essere adattata alle esigenze dei celiaci e di chi segue le prescrizioni kosher o halal. Vegetariani e vegani possono aderire senza problemi alla DASH, perché già dovrebbero conoscere di quali nutrienti rischiano la carenza e come porvi rimedio. Più della Dieta Mediterranea, invece, la DASH obbliga a qualche attenzione ulteriore quando si va al ristorante, soprattutto per il controllo della salatura dei piatti.
Terza, come già accennato, è stata giudicata la Flexitarian Diet, unione di due termini: flessibilità e vegetariano. Coniata ormai dieci anni fa, ha comunque una base vegetariana, ma ammette che, saltuariamente, si possa cedere alle carni rosse. Stilata dalla dietologa Dawn Jackson Blatner (estranea al gruppo di 23 esperti, al cui volume è però necessario fare riferimento per un’adesione al 100%), la Flexitarian sottolinea il ruolo preminente delle proteine diverse da quelle della carne (prime tra tutte quelle di legumi e uova) e ribadisce che la varietà delle proposte è fondamentale per un’alimentazione salutare. Come le due precedenti, infatti, è ritenuta favorevole al mantenimento della salute complessiva e dell’equilibrio glucidico. La facilità di adesione è, secondo gli esperti, soddisfacente anche per chi è costretto a mangiare spesso fuori casa e il costo è contenuto (chi cucina a casa trova ricette variate, ma semplici, che utilizzano prodotti di stagione e più convenienti).
Va detto infine che, delle tre diete sul podio, la Flexitarian è anche l’unica citata come un buon punto di partenza per perdere peso. Il programma alimentare di base, infatti, è tale da fornire circa 1.500 calorie al giorno (300 a colazione, 400 a pranzo, 500 a cena più due snack da 150), pur consentendo un aumento ragionevole degli apporti, di fronte a specifiche esigenze personali.

Similitudini da sottolineare

A essere promosse a pieni voti sono quindi tre proposte di modello alimentare saldamente poggiate sulla varietà dei consumi, pur attenendosi alla prevalenza di alimenti vegetali, alla scelta di cibi integrali e all’assunzione costante e adeguata di fibre. Ancora: riconducendo questi riconoscimenti di buonsenso alla realtà europea, vale  la pena di ricordare che i concetti generali della Dieta Mediterranea oggi sono applicabili anche a varianti di buon successo, come la Nordic Diet (che tiene conto dei cibi coltivabili e reperibili nelle latitudini più a Nord), mentre la DASH completa l’offerta promuovendo il consumo consapevole di latticini a basso tenore di grassi, che forniscono calcio ad azione antipertensiva e insiste su una misura di salute complessiva come la riduzione dell’apporto di sale. Osservazioni simili emergono considerando la Flexitarian.
Tutte e tre hanno caratteristiche di buona sostenibilità e rispetto dell’ambiente che, come ben ribadito nel Documento appena pubblicato su Lancet (a cura della Commissione sulle diete salutari da sistemi alimentari sostenibili), sono parametri di cui non possiamo più fare a meno nella valutazione di qualunque approccio nutrizionale. Nel complesso, quindi, prende forza il concetto di nutrizione positiva, a sostituire quello di nutrizione restrittiva: la scelta prevalente di alimenti che uniscano gusto ed effetti favorevoli grazie al loro profilo in nutrienti, riducendo naturalmente l’apporto di cibi meno favorevoli, ma senza penalizzare l’appetibilità della tavola.

A proposito di alimentazione e cognitività

È la MIND (Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay) a seguire di una sola incollatura la Flexitarian Diet. Con il quarto posto e una chiara dichiarazione d’intenti, la MIND focalizza l’attenzione nutrizionale sugli alimenti che, nella Dieta Mediterranea e nella DASH, stanno dimostrando di avere il miglior potenziale per salvaguardare la cognitività. La MIND è nota dal 2015, quando il gruppo di Martha Clare Morris pubblica, su Alzheimer & Dementia, i risultati positivi di uno studio finanziato dal National Institute of Aging, in cui dimostra che, tra le persone che più seguono i principi della MIND, il rischio di Alzheimer si riduce fno al 53%. Gli alimenti su cui punta la MIND sono i cereali integrali, le verdure fresche e cotte, i legumi a giorni alterni, un bicchiere di vino al giorno, frutta oleaginosa come snack e frutti di bosco due volte a settimana. Non manca l’indicazione a utilizzare quasi esclusivamente olio extravergine di oliva e a consumare pesce. Gli esperti non nascondono che il consumo regolare di frutti di bosco e di olio extravergine di oliva di qualità possono incidere sui costi complessivi ma, poiché la base della MIND poggia su Dieta Mediterranea e DASH, l’aggravio di spesa è limitato.

Il giudizio sulle diete per perdere peso

Una valutazione di indubbio interesse pratico riguarda le migliori diete per perdere peso. Il giudizio più lusinghiero, in questa classifica made in Usa, è raccolto dalla Weight Watchers® (WW), prima anche nella classifica delle migliori diete commerciali, nonostante i costi decisamente elevati (che però dipendono dal tipo di programma scelto). Lungi dal voler fare pubblicità a un metodo, gli esperti del panel statunitense sottolineano invece la preparazione del personale che segue gli aderenti a tali programmi alimentari e l’evoluzione che il metodo ha raggiunto nel tempo: oggi il database include oltre 255.000 alimenti e relative ricette, semplificando l’adesione individuale.
Il giudizio del panel di esperti non trascura i dati di letteratura: un lavoro del Baylor College of Medicine di Houston, pubblicato su JAMA nel 2013, aveva dimostrato come l’approccio guidato alla perdita ponderale ottenga comunque risultati migliori rispetto a un approccio libero, basato sulla sola distribuzione di materiale scritto ai partecipanti. Nel 2014, una revisione degli studi che hanno paragonato Weight Watchers, Atkins, South Beach e Dieta a Zona, pubblicata su Circulation, aveva stabilito che l’approccio WW era l’unico in grado di assicurare il mantenimento dei risultati ottenuti a distanza di oltre un anno.
Seconda dieta migliore per perdere peso viene giudicata la Volumetric, che suddivide gli alimenti in quattro categorie in base alla densità energetica, derivando da questa suddivisione anche la dimensione delle porzioni: il principio guida è la scelta di alimenti ricchi di acqua, come le zuppe in brodo, la frutta e la verdura, lo yogurt (a basso tenore di grassi) e la pasta (condita con verdure). Il costo della Volumetric è simile a quello delle tre diete che hanno conquistato il podio, proprio perché la scelta degli alimenti corretti non è così diversa. Anche la Volumetric è stata sottoposta al vaglio della ricerca clinica, che ha confermato le attese: la scelta prevalente di alimenti a densità energetica inferiore si associa sul lungo periodo a un BMI più equilibrato.
Come già accennato, a classificarsi terza in questa categoria è la Flexitarian: la prevalenza di alimenti vegetali e di cereali integrali soddisfa infatti il senso di sazietà, con un’assunzione calorica media inferiore rispetto a quella di chi privilegia la carne. Ricaduta virtuosa è anche una migliore composizione corporea, con riduzione della massa grassa a favore di quella magra.

Il ruolo dell'esercizio fisico

Avrebbe stupito non trovare, in ogni scheda, un riferimento all’attività fisica, indispensabile complemento di Dieta Mediterranea, DASH e Flexitarian, ma che il panel sostiene anche come sinergia alla protezione cognitiva della MIND e al mantenimento dei risultati di lungo termine per chi deve perdere peso.

Conclusioni

  • Un panel di 23 esperti statunitensi di varie discipline che studiano l’alimentazione, il comportamento alimentare e le ricadute sulla salute, ha esaminato pragmaticamente 41 diete (e modelli alimentari), secondo nove parametri, tra cui quello di miglior dieta complessiva, miglior dieta per la protezione cardiovascolare e metabolica, sostenibilità, facilità di adesione.
  • A prevalere su tutti i modelli alimentari è, ancora una volta, la Dieta Mediterranea, per le sue caratteristiche di varietà, equilibrio, sostenibilità e facilità di adesione, anche da parte di chi ha esigenze speciali, come i celiaci, o chi segue i precetti kosher e halal. Le ricadute positive sulla salute cardiovascolare e metabolica completano le motivazioni di questo primato.
  • DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), disegnata dal National Heart, Lung and Blood Institute per prevenire l’ipertensione e tenerla sotto controllo nel lungo periodo, e Flexitarian Diet, in cui l’accento è posto ancora su cibi vegetali e integrali, ma che concede occasionali incursioni nella carne rossa, si aggiudicano rispettivamente il secondo e terzo posto.
  • Denominatore comune dei tre modelli alimentari è l’assenza di indicazioni punitive o restrittive, in linea con quella che viene oggi definita “Nutrizione positiva”: cioè l’opportunità di soddisfare il gusto e la sazietà, senza perdere di vista la salute. Adottare gradatamente uno stile alimentare ricco di alimenti ad alto contenuto di nutrienti benefici e sazianti, infatti, riduce senza difficoltà l’apporto di alimenti ad alta densità energetica e a bassa densità nutrizionale.
  • Il gruppo di esperti non trascura il versante fondamentale della salvaguardia della cognitività, assegnando infatti il quarto posto, come miglior dieta complessiva, alla MIND (Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay) che, traendo spunto da Dieta Mediterranea e DASH, promuove l’apporto degli alimenti con una dimostrata e specifica valenza protettiva della cognitività.

Bibliografia di riferimento

Atallah R, Filion KB, Wakll SM, et al. Long-term effects of 4 popular diets on weight loss and cardiovascular risk factors: a systematic review of randomized controlled trials. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2014;7:815-27.

Bonaccio M, Di Castelnuovo A, Pounis G, et al.; Moli-sani Study Investigators. High adherence to the Mediterranean diet is associated with cardiovascular protection in higher but not in lower socioeconomic groups: prospective findings from the Moli-sani study. Int J Epidemiol 2017;46:1478-87.

Huo R, Du T, Xu W et al. Effects of Mediterranean-style diet on glycemic control, weight loss and cardiovascular risk factors among type 2 diabetes individuals: a meta-analysis. Eur J Clin Nut 2015;69:1200-8.

Johnston CA, Rost S, Miller-Kovach K, et al.  A randomized controlled trial of a community-based behavioral counseling program. Jama 2013;126:1143.e19-1143.e24.

Morris MC, Tangney CC, Wang Y, et al. MIND diet associated with reduced incidence of Alzheimer’s disease. Alzheimers Dement 2015;11:1007-14.

Saneei P, Salehi-Abargouei A, Esmaillzadeh A, et al. Influence of Dietary Approaches to Stop Hypertension (DASH) diet on blood pressure: a systematic review and meta-analysis on randomized controlled trials. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2014;24:1253-61.

Yang J, Farioli A, Korre M, et al. Modified Mediterranean diet score and cardiovascular risk in a North American working population. PLoS One 2014;9:e87539.

Willett W, Rockström J, Loken B, et al. Food in the Anthropocene: the EAT-Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems. Lancet 2019 [Epub ahead of print].

 

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L'Intervista all'Esperto: Amedeo Reyneri

Grani attuali: resa e sicurezza  maggiori rispetto ai grani antichi, con valore nutritivo invariato

di Cecilia Ranza

Quali sono le ragioni che sostengono l’attuale attenzione dei consumatori nei confronti dei grani antichi? Quali sono invece i dati tecnici e scientifici sui quali basare una valutazione corretta del loro valore, sia come apporto nutrizionale, sia come ingredienti mirati per le diverse produzioni, industriali e casalinghe? Risponde Amedeo Reyneri, Ordinario di Agronomia e Coltivazioni erbacee, Facoltà di Agraria, Università di Torino.

 
DOMANDA: Che cosa si intende per “grani antichi”?

RISPOSTA: Tra chi non è specialista della materia, la definizione può prestarsi a qualche ambiguità, soprattutto perché immediatamente evocativa di “buon tempo andato”, quindi di alimentazione ritenuta (a torto) più “sana”. Si tratta invece di un’aggettivazione che inquadra i tempi di evoluzione delle colture. Molto più pragmaticamente, infatti, si definiscono “antiche” le popolazioni di grani locali utilizzate prima degli anni ’20 del secolo scorso, ovvero prima dell’introduzione del miglioramento genetico su basi scientifiche.
Proprio in quegli anni, grazie al lavoro di uno dei maggiori genetisti agrari di sempre, il nostro Nazareno Strampelli, si selezionarono invece nuove varietà, ottenute tramite incroci in campo, dando origine ai “grani storici”, coltivati fino agli anni ’60-’70. L’evoluzione rapida del.le tecniche di ricerca dopo gli anni ’70, infine, ha portato a quelli che oggi definiamo “grani moderni”.

D.: Che cosa ha motivato la ricerca di grani diversi da quelli antichi?

R.: Sicuramente la ricerca di una maggiore redditività della coltura, non soltanto come produzione ottenibile per ettaro, ma anche come capacità delle varietà nuove di resistere alle malattie e di poter essere più facilmente coltivate anche in condizioni meteorologiche non ottimali (vento, pioggia, freddo). L’aumento di redditività è presto chiarito: ogni ettaro coltivato a grano tenero antico a livello aziendale rende tra i 5 e i 30 quintali; con le varietà storiche si ottengono tra i 15 e i 50/60 quintali; i grani moderni possono rendere fino a 100 quintali per ettaro.
Aver ridotto l’altezza delle spighe, che un tempo raggiungeva persino il metro e mezzo, a circa 80-100 cm, ha reso le spighe più resistenti al rischio di allettamento da vento e pioggia. Le spighe attuali, inoltre, hanno meno paglia e più granella. Tra gli ulteriori traguardi da segnalare, citerei la selezione di varietà non solo più resistenti a malattie insidiose, come la ruggine che distrugge le foglie o la fusariosi della spiga, ma anche più sicure per l’uomo, perché sviluppano meno muffe e quindi una quantità inferiore di quelle micotossine che si concentrano nel chicco, per poi finire nelle farine.

D.: Che cosa è necessario precisare invece a proposito del contenuto in nutrienti? 

R.: Il contenuto in nutrienti (sia proteine e sia componenti bioattivi) dipende da più fattori: la varietà di grano coltivato, le caratteristiche di terreno e clima, infine le tecniche di molitura. Il contenuto è quindi molto variabile. Le nostre ricerche hanno permesso di evidenziare che non ci sono chiari aumenti di concentrazione (sia di proteine e sia di componenti bioattivi) nei grani antichi o storici, rispetto a quelli attuali. Ecco perché affermare che i grani di recente introduzione abbiano un valore nutritivo inferiore rispetto a quelli antichi è una forzatura.
Nei grani attuali è inoltre possibile un’ampia scelta, che permette di orientare la composizione attesa in nutrienti, compreso quello delle proteine che danno origine al glutine (il complesso viscoelastico che si forma a partire da gluteline e prolammine, al contatto con l’acqua); ciò permette di ottimizzare gli impieghi dei grani secondo le filiere produttive. Il diverso contenuto di glutine orienta verso produzioni che necessitano di alta lievitazione (per esempio i panettoni), o di impasti ad alta elasticità (esempio: pizze), piuttosto che all’ottenimento di biscotti e crackers. Anche il contenuto di composti antiossidanti, come gli antociani e i carotenoidi, può oggi essere guidato: questi composti sono particolarmente concentrati nelle varietà attuali di frumenti pigmentati (le varietà più scure indicano la presenza di antocianidine, mentre i polifenoli sono più chiari), verso cui si sta indirizzando l’interesse dei produttori e dei consumatori (Figura 1).
Il terzo aspetto è il tipo di molitura utilizzata: la raffinazione dei grani può essere calibrata, per rimuovere soltanto in parte i tegumenti (le crusche), per conservare in parte lo strato aleuronico, posizionato tra i tegumenti e l’endosperma (la parte interna da cui origina la farina raffinata), in cui si concentrano i composti bioattivi. La valorizzazione del contenuto nutrizionale del frumento passa perciò attraverso lavorazioni che non eliminino la frazione più ricca (Figura 2).
La crusca originata dalla porzione più esterna (e quindi più fibrosa) ha funzione protettiva del chicco, ma è opportuno che sia eliminata, perché interferisce con la digeribilità, la palatabilità e le possibilità di lavorazione. Inoltre, è qui che si concentrano i contaminanti (metalli pesanti e micotossine menzionate in precedenza). Diverso il caso della frazione più interna della crusca: se mantenuta, grazie a una decorticatura attenta, conferisce alla farina la frazione di fibra più fine, dotata dei noti vantaggi per il benessere e la salute.
È evidente che anche questo aspetto vale per tutti i grani, antichi e moderni.

 

 

D.: Ciò premesso, non si può affermare che i grani antichi possano essere consumati da chi soffre di celiachia.

R.: Certamente no. Tutti i grani che possono essere ricondotti al genere Triticum, antichi, storici o moderni, così come i cereali minori (farro piccolo o monococco, farro medio o dicocco e farro grande o spelta primi tra tutti, ma non sono i soli), contengono le proteine che portano alla formazione del glutine. Ormai sappiamo che la popolazione celiaca, distribuita in modo uniforme in tutto il mondo, non è aumentata perché si consumano grani moderni, ma perché sono migliorate le tecniche di diagnosi.
Questa attenzione alla celiachia (e alla molto contestata sensibilità al glutine non celiaca, la cui esistenza è oggetto di dibattito scientifico intenso) ha portato a rivalutare un ritorno all’antico, basato su un concetto di “naturalità” discutibile, associato alla convinzione che i grani antichi siano portatori di un numero minore di epitopi (la parte di antigene che lega l’anticorpo) in grado di scatenare la celiachia e la già citata sensibilità al glutine non celiaca.
Niente di più errato. Come nel caso della concentrazione di nutrienti, gli epitopi sono numerosissimi e distribuiti in gran parte del genoma della pianta che codifica per le proteine del frumento. Sono così distribuiti che è difficile ipotizzare l’intervento di selezioni genetiche in grado di influire in modo determinante su questo aspetto, qualunque sia l’"antichità” del grano. Su questi aspetti abbiamo dimostrazioni ormai troppo consolidate e categoriche per poter essere messe in discussione.

D.: C’è un secondo punto oggi molto dibattuto: la sostenibilità. È vero che la produzione di grani attuali è meno sostenibile?

R.: Rispondo con una domanda: che cosa intendiamo con “sostenibilità”? Se il riferimento è all’energia necessaria per coltivare un ettaro di grano, dovremmo rispondere che è vero, perché i grani antichi vengono coltivati con regime biologico, quindi con un ridotto uso di fertilizzanti e con tecniche di difesa soltanto meccaniche: come abbiamo già detto, i grani antichi sono per esempio dotati di un fusto più lungo, meno danneggiabile dalle piante infestanti.
I grani attuali, coltivati secondo i criteri convenzionali, richiedono invece, per garantire gli alti livelli di produttività a ettaro citati, concimazione attenta e sistemi di difesa ben più raffinati e mirati di quelli meccanici.
Il discorso viene completamente ribaltato se si considera il costo per unità di prodotto, quindi per quintale (o anche chilo) di granella ottenuto. È vero che si impiega più energia per ettaro di coltura, ma questo ettaro produce il doppio, o anche il triplo, o il quadruplo: l’efficienza dei grani attuali diventa quindi vincente, con una netta riduzione, per unità di prodotto, non solo di energia impiegata, ma anche di CO2 emessa.
Possiamo ampliare ancor più il discorso, considerando la sostenibilità del sistema agro-alimentare come nazione Italia: è intuitivo capire che la sola coltivazione di varietà antiche, o storiche, portereb.be a un disavanzo commerciale pesantissimo, perché dovremmo moltiplicare le importazioni, già ora assai elevate.

D.: Qual è quindi il valore aggiunto dei grani antichi per le produzioni industriali o casalinghe?

R.: Mi ripeto: è la decisione di consumare un prodotto raffinato, piuttosto che semi-integrale o integrale, a fare la differenza. I grani antichi sono prevalentemente utilizzati come semi-integrali o integrali e la lievitazione in questi casi è quasi sempre quella a pasta acida (lievito madre), che conduce ad un prodotto più digeribile. Per la proprietà transitiva, quindi, si ritiene che i grani antichi offrano un valore aggiunto all’alimentazione. Ma è un valore aggiunto di immagine e di contestualizzazione, non di proprietà intrinseche.
Va da sé che grani moderni, lavorati con gli stessi metodi, offrono caratteristiche identiche dal punto di vista nutrizionale e non distinguibili in termini organolettici, come è stato ben evidenziato in recenti ricerche condotte dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria).
Il contributo della genetica è quindi neutro, così come ininfluente è, nel caso del frumento, il concetto del “chilometro zero”: il chicco è un prodotto che si conserva da sé (cioè senza aggiunta di conservanti o altro) in modo eccellente e per lunghi, se non lunghissimi, periodi. Ne deriva che il valore aggiunto di varietà storiche, o antiche, è culturale, immateriale, in parte anche commerciale, ma certamente non nutrizionale.
In conclusione: dal punto di vista tecnico-scientifico, grani antichi e grani moderni offrono gli stessi vantaggi nutrizionali, posto che siano coltivati in modo corretto. Le varietà di frumento antiche non sono adatte al consumo da parte dei soggetti celiaci. La scelta della varietà di frumento e della tecnica di molitura sono i soli fattori che determinano in modo sostanziale il valore alimentare e le caratteristiche dei prodotti ottenuti.

 

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La Scheda

Il topinambur

Per topinambur si intende comunemente il tubero commestibile della pianta erbacea Helianthus tuberosus, una delle 70 specie di girasole, con fiore giallo intenso. La pianta, originaria dell’America del Nord, venne importata in Europa dai primi coloni, dove si diffuse rapidamente grazie alla facilità di coltivazione. In Italia è presente in tutte le regioni, tranne la Sardegna.

Che cosa contiene

Il topinambur è ricco di inulina (8-13%), fibra solubile molto nota per le sue proprietà sazianti, regolatrici delle funzioni intestinali, prebiotiche (promozione dello sviluppo di un microbiota intestinale favorevole) e coadiuvanti un’alimentazione destinata al controllo della colesterolemia e della glicemia. Da notare è il contenuto di potassio di questo tubero, a parità di peso superiore a quello delle banane. Apprezzabile è anche l’apporto di ferro, il cui assorbimento è favorito dalla presenza di vitamina C e di folati. Il topinambur ha un gusto acidulo che ricorda quello dei carciofi, progressivamente perso a favore di un retrogusto più dolce a distanza dal momento della raccolta. In Germania, il topinambur è tradizionalmente utilizzato per la produzione di un superalcolico, apprezzato come digestivo.

 

 

Che cosa bisogna sapere

Il topinambur, prima del consumo, deve essere liberato della pellicola che lo ricopre: è sufficiente una vigorosa spazzolatura sotto acqua corrente. Può essere consumato sia crudo, a fettine sottili aggiunte a un’insalata, sia cotto, meglio se al vapore o al forno, oppure in padella per arricchire un contorno ai funghi, o un condimento al pomodoro. Dal topinambur si ricava una farina priva di glutine, ma sempre ricca di inulina, che può essere aggiunta ad altre farine aglutinate per il consumo da parte di soggetti celiaci, oppure a farine glutinate, per la preparazione di focacce, pani e pizze. La proporzione migliore è del 10% circa. Attenzione: la presenza di inulina, che differenzia questo tubero da tutti gli altri a base amidacea, può però risultare disturbante per l’intestino. Per questo si consiglia di consumarne quantità non eccessive, adattando le frequenze di consumo alla tollerabilità individuale.

 

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Glossario

  • Dieta mediterranea

    Regime alimentare a base di cereali integrali, legumi, ortaggi, frutta, olio d'oliva.

  • Diabete

    Una patologia che si verifica quando l’organismo non è in grado di utilizzare il glucosio ematico. I livelli di glicemia sono controllati dall’insulina, un ormone prodotto dall’organismo che favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule muscolari e adipose. Il diabete insorge quando il pancreas non produce abbastanza insulina o l’organismo non risponde all’insulina che è stata prodotta.

  • Ipertensione

    Aumento della pressione arteriosa al di sopra dei valori normali (nell'adulto 80-90 mm Hg di minima e 130-140 mmHg di massima). Può essere di origine secondaria (renale, endocrina, neurologica, ecc.) o primitiva (essenziale).

  • Prevalenza

    La percentuale dei soggetti della popolazione che ha una certa condizione in un dato momento. Dire che la prevalenza della malattia diabetica è del 5% significa che, nella popolazione in esame, al momento del rilievo, 5 soggetti su 100 sono diabetici. Da non confondere con "incidenza"(vedi).

  • Antigene

    Molecola, che introdotta nell'uomo o nell'animale, evoca una risposta immune specifica mediante la produzione di anticorpi sierici (immunità umorale o sierica) o cellulari (immunità cellulo-mediata) oppure induce una tolleranza immunologica specifica.

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