Grazie alla collaborazione tra mondo accademico e filiera produttiva, la ricerca nutrizionale è oggi in grado non solo di riconoscere i composti bioattivi che rendono un alimento utile al mantenimento di benessere e salute, caratterizzandone in modo preciso la biodisponibilità, l’interazione con organi e sistemi, l’eventuale tossicità e/o interazioni con farmaci: ma anche di studiarne le migliori modalità di utilizzazione, prevedendo la possibile realizzazione di integratori o alimenti funzionali.
Si inquadra in questo filone la ricerca sulla curcumina, che rappresenta il polifenolo lipofilo prevalente nei curcuminoidi estratti dal rizoma di Curcuma longa: rimedio tradizionale tra i più utilizzati della medicina orientale (a iniziare da Cina e India), ma anche in cucina (è la base di tutti i curry), ottimo colorante, ingrediente cosmetico.
Cenni generali
Non è un caso che la maggior parte degli studi sulla curcumina provenga dall’Asia e dal subcontinente indiano, aree in cui è utilizzata da almeno 2.500 anni, anche se la collaborazione accademica con l’Occidente è sempre più diffusa e l’interesse verso la curcumina è ormai condiviso da moltissimi centri di ricerca nel mondo.
Il rizoma di Curcuma longa (erba perenne della famiglia delle Zingiberaceae), seccato e ridotto in polvere, contiene curcuminoidi (almeno il 2% e fino al 5%, secondo i terreni e i metodi di coltivazione), dotati di interessanti attività biologiche: a prevalere è proprio la curcumina che rappresenta il 77% del totale, seguita da dimetossicurcumina (DMC, 17%) e da bis-dimetossicurcumina (3%).
Dal punto di vista chimico-fisico, la curcumina non è solubile in acqua a pH neutro o acido (≤ 7), mentre è solubile in etanolo, acetone e metanolo. È stabile anche ad alte temperature (fino a 250°C), ma è invece molto sensibile alla radiazione UV: va perciò protetta dalla luce per evitare che vada incontro a modificazioni della struttura che ne altererebbero gli effetti funzionali.
La FDA statunitense classifica la curcumina tra le sostanze “generalmente riconosciute come sicure” per l’uomo (GRAS, Generally Recognized as Safe). Studi di fase I su volontari sani hanno infatti rilevato l’assenza di effetti collaterali per livelli di assunzione fino a ben 12 g al giorno.
Nel 2014 EFSA (European Food Safety Authority) ha comunque stabilito che l’assunzione quotidiana accettabile (ADI: Acceptable Daily Intake; la dose che può essere assunta ogni giorno per tutta la vita senza effetti collaterali di rilievo) della curcumina è pari a 3 mg/kg, vale a dire 210 mg al giorno per un adulto di 70 kg.
Tuttavia, l’uso di integratori a base di curcuma in persone con pregressi problemi a carico del fegato va valutato con cautela, e discusso con il medico curante, anche alla luce di alcuni casi di tossicità epatica da curcumina identificati recentemente nel nostro Paese.
Dalle origini ai giorni nostri
Non è un caso che la maggior parte degli studi sulla curcumina provenga dall’Asia e dal subcontinente indiano, aree in cui è utilizzata da almeno 2.500 anni, anche se la collaborazione accademica con l’Occidente è sempre più diffusa e l’interesse verso la curcumina è ormai condiviso da moltissimi centri di ricerca nel mondo.
La polvere di curcuma è un rimedio millenario, tra i più utilizzati dalla medicina tradizionale di larga parte dell’Asia e dalla medicina ayurvedica. Le proprietà antinfiammatorie della polvere di curcuma erano sfruttate per preparati a impiastro da applicare su ferite, ustioni e irritazioni di varia natura, anche allergica, così come per l’acne e per la psoriasi. L’assunzione orale, invece, era comunemente impiegata per contrastare disturbi gastrointestinali (dispepsia, flatulenza, coliti, alterazioni della funzionalità epatobiliare), ma anche la dismenorrea e, infine, come rimedio contro gli stati depressivi.
La curcumina venne isolata per la prima volta nel 1815 da due ricercatori tedeschi, Vogel e Pelletier. Più di un secolo dopo, nel 1937, Lancet pubblica un trial clinico che ne mette in luce l’attività antibatterica, mentre su Nature, nel 1949, esce il primo lavoro che caratterizza l’efficacia della curcumina contro una più ampia varietà di patogeni, tra cui Staphylococcus Aureus e Salmonella paratyphi, ma anche Mycobacterium tuberculosis e diversi tricofiti.
Fino al 1990, però, la letteratura scientifica conta soltanto un centinaio di lavori su questo principio che, oggi, ha invece al suo attivo oltre 9.000 ricerche pubblicate, dirette ad approfondirne, in vitro e in vivo, le potenziali attività antinfiammatorie, antiossidanti, ipocolesterolemizzanti, antidiabetiche, antidegenerative.
Possibili meccanismi di efficacia
La curcumina, per la sua natura polifenolica, è in grado di regolare l’azione delle principali molecole coinvolte nell’infiammazione e nelle patologie su base infiammatoria: citochine, enzimi, recettori, fattori di trascrizione e di crescita, modulatori dei processi apoptotici.
La sua peculiare struttura sarebbe la chiave della sua efficacia antiradicalica, evidenziata dal miglioramento dei marker di stress ossidativo e dall’aumento nel siero dell’attività degli enzimi superossidodismutasi (SOD) e catalasi, nonchè dalla concentrazione della glutatione perossidasi (GSH).
La natura lipofilica, infine, avvicina l’attività antiossidante della curcumina a quella della vitamina E. Ed è sempre la sua natura lipofilica che permette alla curcumina di superare la barriera ematoencefalica, come dimostrato in alcuni modelli animali, promuovendo un’azione neuroprotettiva.
Il problema della bassa biodisponibilità
L’ostacolo fondamentale all’attività in vivo di questo polifenolo è la sua scarsa biodisponibilità, dovuta al basso o bassissimo assorbimento dopo assunzione orale (caratteristica del resto comune a tutte le molecole di questa classe).
La curcumina viene metabolizzata a livello intestinale dal microbiota (soprattutto da ceppi di Escherichia coli e di Blautia spp.) con produzione di derivati dotati, come già accennato in apertura, di attività biologica, ma l’assorbimento complessivo è scarso e prevale l’eliminazione diretta del prodotto con le feci.
Il metabolismo a livello epatico della limitata quota assorbita, molto attivo, produce acido ferulico e diidroferulico, eliminati con la bile.
È tuttavia possibile migliorare l’assorbimento gastrointestinale dei curcuminoidi selezionando i macronutrienti con cui consumare la curcumina. Il consumo con uova e oli vegetali, o altri alimenti ricchi di lecitina (un emulsionante naturale) è in grado di svolgere efficacemente questo effetto, aumentandone la biodisponibilità. Si sa anche che incorporare i curcuminoidi in polvere nel latticello (300 mg di curcuminoidi in 100 g di latticello, pari allo 0,3%), prima di ottenere uno yogurt, aumenta fino a 15 volte la bioaccessibilità dei polifenoli, vale a dire la quantità rilasciata dalla matrice alimentare durante la digestione.
La ricerca ha inoltre proposto strategie specifiche ed efficaci per superare gli ostacoli posti dallo scarso assorbimento e dalla rapida eliminazione della curcumina, puntando sulla somministrazione orale di formulazioni solide o liquide in grado di aumentarne la solubilità, prolungarne la permanenza plasmatica, migliorarne il profilo cinetico e la captazione da parte delle cellule.
Tra le prime formulazioni utilizzate a questo scopo c’è quella con la piperina, l’alcaloide naturale del pepe nero (Piper nigrum), che aumenta significativamente l’assorbimento della curcumina a livello gastrointestinale. Altri sistemi prevedono l’inserimento della curcumina in micelle e liposomi, la formazione di complessi con fosfolipidi, la creazione di microemulsioni e nanoemulsioni, l’incapsulazione con oli essenziali di turmerico (turmerone).
Per alcune formulazioni sono disponibili anche studi di farmacocinetica che documentano risultati favorevoli. È il caso, per esempio, dell’associazione con lecitina che, in volontari sani, si è dimostrata efficace nell’incrementare in modo dose dipendente la concentrazione plasmatica di curcuminoidi, raggiunta tra l’altro in metà tempo rispetto alla formulazione di controllo.
È opportuno comunque ricordare che i casi di danno epatico associato all’uso di curcuma, prima ricordati, sono stati osservati in buona parte in persone che assumevano integratori nei quali erano presenti principi finalizzati all’aumento della biodisponibilità della curcumina stessa. La sicurezza di queste associazioni va quindi ulteriormente studiata e documentata.
Tossicità epatica da curcuma
Nel 2019, in Italia, è stato identificato studiato un piccolo numero di casi (circa una trentina) di tossicità epatica attribuibile ad integratori a base di curcuma. Il meccanismo del danno non è stato chiaramente definito, ma sembra avere a che fare con una specifica sensibilità di alcuni individui. Modesti aumenti delle transaminasi sono stati tuttavia osservati circa nel 5% delle persone che hanno assunto integratori a base di curcuma per periodi prolungati (oltre un mese), specie se la curcuma era combinata con principi che ne aumentassero la biodisponibilità o era assunta assieme ad altri farmaci. L’osservazione ha indotto il Ministero della Salute a prescrivere che gli integratori a base di curcuma debbano riportare in etichetta l’indicazione “In caso di alterazioni della funzione epatica, biliare o di calcolosi delle vie biliari, l’uso del prodotto è sconsigliato. Se si stanno assumendo farmaci, è opportuno sentire il parere del medico”.
Curcumina e salute
I potenziali effetti favorevole sulla salute dei curcuminoidi non possono quindi prescindere dall’efficienza della via di somministrazione, che deve ottimizzarne la biodisponibilità, ma anche dalle dimostrazioni fornite dai trial clinici, che confermano l’importanza delle azioni antinfiammatorie e antiossidanti della curcumina.
Diabete di tipo 2. Secondo una recente metanalisi delle ricerche condotte sull’efficacia dei curcuminoidi nel dismetabolismo glucidico, la curcumina, somministrata con un veicolo lipidico o combinata con la piperina, esercita una certa azione antidiabetica attraverso la modulazione della glicemia (con riduzione dei livelli di emoglobina glicata - HbA1c e HOMA index). Il miglioramento del profilo lipidico (riduzione di colesterolemia totale, LDL e VLDL e di trigliceridemia) contribuisce a valorizzare, in termini di prevenzione cardiovascolare, l’effetto antidiabetico.
Rischio cardiovascolare. I risultati emersi negli studi sulla modulazione del metabolismo glucidico e lipidico sono alla base del contributo che l’assunzione di curcumina fornisce al controllo del rischio cardiovascolare, emerso anche in soggetti già coronaropatici.
Invecchiamento. Le proprietà antinfiammatorie e antiossidanti della curcumina hanno suscitato l’interesse dei ricercatori che studiano le molte sfaccettature dell’invecchiamento, a partire dalla senescenza cellulare. Una review in pubblicazione questo febbraio su Biomedicine & Pharmacotherapy puntualizza le varie direzioni in cui si vanno indirizzando gli studi che utilizzano più modelli di invecchiamento di organi e apparati e più vie sperimentali per studiare le possibili applicazioni della curcumina anche nel cosiddetto inflammaging (invecchiamento sostenuto dall’infiammazione cronica di bassa intensità), e nelle sue manifestazioni più complesse, come il declino cognitivo (fisiologico e patologico).
Gonartrosi. È stata da poco pubblicata anche la metanalisi di 16 studi randomizzati e controllati sul confronto tra l’assunzione di curcumina, formulata con polisaccaridi, o liposomi, o piperina e un placebo, oppure antinfiammatori non steroidei (FANS) di uso corrente. La curcumina ha dimostrato di ridurre in modo soddisfacente il dolore (-18%) e di migliorare fino al 25% la funzionalità dell’articolazione nei trial di confronto con placebo, con una bassa incidenza di effetti collaterali. L’azione antinfiammatoria della curcumina, probabilmente alla base della sua azione sulla gonartrosi, è stata evidenziata anche nelle patologie allergiche a livello respiratorio, come l’asma.
Patologie dermatologiche. L’impiego della curcumina in dermatologia è ben consolidato. Creme e saponi proposti dalla medicina ayurvedica sono da millenni utilizzate anche come coadiuvanti in patologie complesse come psoriasi e sclerodermia, perché riducono in modo significativo le manifestazioni infiammatorie più evidenti.
Malattie infiammatorie croniche intestinali. Il morbo di Crohn e la colite ulcerosa sono caratterizzate da una massiccia reazione infiammatoria cronica, che verrebbe contrastata dalla somministrazione di curcumina, riducendo in questo modo la virulenza dello stato flogistico cronico. L’efficacia risulta associata all’assunzione di curcumina per un periodo di tempo prolungato (almeno tre settimane); la curcumina stessa migliora l’esito della somministrazione contemporanea dei farmaci specifici per queste condizioni morbose.
Azione antitumorale. Secondo i risultati di studi sperimentali, la curcumina ha buone potenzialità di contrastare più fasi dello sviluppo oncologico, dalla trasformazione neoplastica delle cellule alla loro proliferazione e diffusione. Si tratta però di evidenze definite preliminari dai ricercatori, che devono essere valutate in studi ampi, randomizzati, su gruppi di popolazione non omogenei e utilizzando formulazioni standardizzate.
Curcumina e depressione
Da una metanalisi di dieci studi in cui la curcumina (in formulazioni combinate con oli volatili o piperina) è stata somministrata a pazienti affetti da depressione maggiore e a soggetti che presentavano invece soltanto blandi sintomi depressivi è emerso che i risultati erano più significativi (in termini di miglioramento del tono dell’umore) nei pazienti con depressione maggiore (che peraltro in genere necessitano di specifici trattamenti farmacologici).
Restano tuttavia molte incertezze da chiarire in studi di più ampia portata e meglio standardizzati nei metodi.
Conclusioni
- Dalla polvere del rizoma di Curcuma longa si estraggono i curcuminoidi, miscela di polifenoli in cui prevale (77%) la curcumina, seguita da dimetossicurcumina e da un 3% di bis-dimetossicurcumina.
- Tutti i curcuminoidi sono dotati di attività biologica; il più noto è la curcumina, utilizzata da millenni nelle medicine tradizionali dell’Asia e del Subcontinente indiano per trattare una varietà di disturbi e patologie.
- Per la sua struttura polifenolica la curcumina ha proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, che spiegano la versatilità d’azione attribuita alla sostanza nel corso dei secoli.
- Il maggiore ostacolo all’efficacia della curcumina in vivo è la sua scarsa biodisponibilità, dovuta all’insufficiente assorbimento intestinale, al rapido metabolismo epatico ed alla significativa eliminazione con la bile e con le feci.
- Più di una formulazione alternativa è stata messa in campo per superare l’ostacolo della ridotta biodisponibilità, contribuendo a migliorare l’efficienza della curcumina negli studi clinici.
- Finora, le dimostrazioni più solide dell’efficacia della curcumina sono associate al controllo delle alterazioni a carico del metabolismo glucidico e di quello lipidico.
- Nella gonartrosi, il dolore e l’impotenza funzionale migliorano in modo significativo dopo assunzione di curcumina a confronto con
- Evidenze promettenti si sono messe in luce anche nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, in patologie dermatologiche e allergiche (compresa l’asma).
- Ancora preliminari sono infine i risultati degli studi focalizzati sull’azione antitumorale.
- In pazienti con pregressi problemi epatici gli integratori a base di curcumina vanno utilizzati con cautela e sotto controllo medico.
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