Le spezie, utilizzate dall’umanità praticamente da sempre, possiedono proprietà salutistiche di prim’ordine. Prime tra tutte, quella aromatizzante e antibatterica. Se, nei secoli passati, entrambe rispondevano a necessità quotidiane di buona conservazione dei cibi e di gustosa sostituzione del sale, allora raro e prezioso, oggi l’uso in cucina ne sottolinea correttamente la funzione aromatizzante.
In una società che vede crescere l’incidenza di ipertensione, anche per eccesso di introito salino, le spezie rappresentano un’alternativa fondamentale. Ma non soltanto. Di recente (pochi decenni), ricerche scientifiche di base e cliniche hanno studiato i meccanismi d’azione delle spezie, che modulano anche altre proprietà, oltre quelle aromatizzanti e antibatteriche: vale a dire digestive, antiossidanti, antiproliferative, con un potenziale terapeutico non trascurabile, anche di interazione positiva con farmaci.
La Medicina di Famiglia in prima linea
Un Medico aggiornato e ben informato diventa promotore di salute e benessere, entrando a ragione nelle scelte e nei comportamenti quotidiani dei suoi pazienti. La prevenzione e la promozione di stili di vita sani sono infatti la prima e più valida arma per contrastare le malattie croniche; ecco perché la medicina di famiglia ha dato vita alla S.I.M.P.eS.V. (Società Italiana di Medicina di Prevenzione e degli Stili di Vita), che opera su due fronti: l’informazione ai cittadini, ma soprattutto la formazione dei medici a un approccio olistico nella cura della persona, che sappia comprendere e rispettare la globalità dell’individuo e non si focalizzi solo sulla sua eventuale malattia. La Società è sul web (alimentazione. fimmg.org), su Facebook e ha un indirizzo Twitter (#simpesv). Alla formazione al medico si affiancano corsi di formazione specifica per Operatori Sanitari per fare sì che il complesso delle figure professionali attive nelle nuove Forme di Aggregazione dei Medici di Medicina Generale, possa offrire al cittadino competenze specifiche, diversificate e complementari.
Il pepe nero, gastroprotettore

Il pepe nero è la spezia più diffusa al mondo, usata in cucina, nella preparazione di farmaci e cosmetici, come conservante e insetticida. Proviene dalle bacche del Piper nigrum. Ciò che conferisce al pepe nero il suo aroma piccante e la capacità di modificare i sapori è una sostanza caratteristica, la piperina, responsabile anche degli effetti del pepe stesso sulla digestione.
Il pepe nero, infatti, possiede tutte le proprietà digestive delle spezie 1 : aumenta la secrezione dei principali enzimi digestivi (amilasi salivare, lipasi intestinale, amilasi e lipasi pancreatica, tripisina, chimotripsina) e riduce il tempo di transito. Come le altre spezie piccanti il pepe nero, alle dosi che si usano comunemente, non danneggia la mucosa gastrica; anzi, secondo alcuni studi la piperina avrebbe un effetto protettivo nei confronti dell’ulcera gastrica. A livello intestinale, inoltre, la piperina aumenterebbe la capacità di assorbimento della mucosa. Tutte queste osservazioni spiegano perché il pepe nero è sempre stato utilizzato nelle preparazioni di erbe per trattare i disturbi digestivi.
Sempre alle dosi di comune uso, la piperina stimola anche la termogenesi, ossia la spesa energetica corporea 2. Molto interesse suscitano anche le ricerche sulle capacità antiossidanti della piperina, e quindi della capacità di agire contro l’infiammazione, che è uno dei fattori di maggior rischio nello sviluppo di aterosclerosi e di diabete di tipo 2, ma anche di tumori, e che spesso correla con il livello dello stress ossidativo. Se si parla di infiammazione, poi, si pensa subito alle articolazioni: e infatti ci sono studi che dimostrano la capacità della piperina di inibire in parte il processo infiammatorio che sostiene l’artrite 3. Infine, dati preliminari lasciano ipotizzare capacità neuroprotettive della piperina 4 .
Da citare i dati più recenti: del 2014 sono gli studi che dimostrano come la piperina sarebbe in grado, in vitro, di controllare i fenomeni (migrazione e duplicazione delle cellule muscolari lisce) che influenzano la crescita delle placche aterosclerotiche e la restenosi coronarica dopo interventi di angioplastica 5 . Ora in pubblicazione sono anche i dati sulla capacità della piperina stessa di inibire in vitro la crescita e la motilità delle cellule di un specifico tipo di carcinoma mammario (il cosiddetto “triplo-negativo”); la piperina agirebbe anche in sinergia con la terapia radiante, permettendo di ottenere risultati superiori a quelli della radioterapia utilizzata da sola 6.
La capsaicina del peperoncino
La capsaicina è estratta dal frutto di Capsicum ed è responsabile del gusto particolarmente piccante del peperoncino. Aggiunta agli alimenti, agisce su appetito e sazietà attraverso un recettore specifico, il TRPV-1, nonché sulla spesa energetica (come la piperina, prima ricordata) 7 . Secondo studi recenti, basta inoltre circa 1 mg di peperoncino ricco in capsaicina per aumentare le concentrazioni di una sostanza, il GLP-1 (glucagone-like peptide) e per ridurre i livelli dell’ormone grelina, con effetti positivi sul controllo di appetito e sazietà.
Sempre attraverso il recettore TRPV1, la capsaicina esercita anche attività benefiche a livello cardiovascolare: stimola infatti il rilascio di ossido nitrico che, com’è noto, agisce positivamente sulla pressione arteriosa.
La proprietà maggiore della capsaicina è comunque quella desensibilizzante, con un effetto analgesico, sfruttato per creme e gel, usate nel dolore cronico anche grave, come quello della neuropatia diabetica, della nevralgia dopo un attacco di Herpes zoster, dei dolori neuromuscolari o da osteoartrosi: secondo gli studi, le preparazioni a base di capsaicina (anche sotto forma di cerotto) diminuirebbero il dolore tra il 40 e il 60% rispetto al placebo 8. Anche il prurito associato a insufficienza renale viene controllato dalla capsaicina.
La capsaicina è anche in grado di aumentare la funzione vescicale e di permettere un buon controllo dell’incontinenza urinaria, riduce nausea e vomito postoperatori, ed è impiegata come gastroprotettore nelle terapie con antinfiammatori non steroidei.

La chemestesi, o senso del trigemino
La chemestesi è detta anche “senso del trigemino”. Infatti il termine identifica le sensazioni gustative che non coinvolgono i recettori del gusto e dell’olfatto, ma altri canali percettivi, stimolati per via fisica. Di questa attivazione è responsabile proprio il trigemino, che trasmette al cervello ogni informazione correlata a stimoli pungenti provenienti dalle cavità orale e nasale. Esempio lampante di chemestesi è la sensazione di calore avvertita dopo assunzione di peperoncino.
Le proprietà della curcumina
Il rizoma e la radice delle Curcuma longa (pianta della stessa famiglia dello zenzero) contengono la curcuma. Il principio attivo della curcuma è la curcumina, tradizionale conservante e responsabile del colore giallo oro del curry. La curcumina è ben nota alla medicina tradizionale del subcontinente indiano come antinfiammatorio nell’artrite, per ridurre la flatulenza, risolvere la dissenteria, cicatrizzare le ulcere, nelle infezioni della cute e dell’occhio. In Occidente, all’inizio del Novecento, veniva utilizzata nelle malattie biliari, come anti-batterico e per controllare la glicemia 10.
Di questa spezia versatile, però, non si conoscono ancora tutte le proprietà. Negli ultimi dieci anni la ricerca se ne è sempre più interessata, rivelando così attività antiossidanti, antivirali, antiproliferative e soprattutto antinfiammatorie.
Un settore di notevole interesse è quello oncologico. Certamente, la curcumina è in grado di ridurre l’angiogenesi, cioè la crescita di nuovi vasi che facilita la diffusione delle cellule cancerose; si è anche messo in luce che la curcumina riduce l’attività del gene p53, un fattore che promuove diversi tipi di tumore.
La curcumina è stata testata per le sue proprietà protettive a livello intestinale ed extraintestinale. Si è visto per esempio che 1,5 g al giorno di curcumina riducono il numero e la dimensione dei polipi intestinali nella poliposi adenomatosa familiare 11, una condizione ad altissimo rischio di trasformazione maligna.
In soggetti con morbo di Crohn, malattia infiammatoria cronica intestinale, la somministrazione di curcumina ha permesso di ridurre le dosi delle terapie farmacologiche; anche in alcuni casi di colite ulcerosa, la curcumina ha prolungato i tempi di remissione della malattia; infine, un preparato a base di curcumina e piperina ha dimostrato una certa efficacia nella terapia della pancreatite 12.
Basandosi inoltre sulle osservazioni condotte in popolazioni di anziani asiatici che, consumatori abituali di curry (e quindi di curcumina), hanno performance comportamentali e intellettuali migliori rispetto ad anziani che non ne fanno mai uso, si sta studiando la potenziale attività della curcumina nel decadimento cognitivo e nella malattia di Alzheimer 13.
La curcumina, assunta con i cibi, ha purtroppo una biodisponibilità molto bassa. È stato dimostrato che, incapsulata in liposomi o (più recentemente) in nanoparticelle, la curcumina viene assorbita meglio e risulta quindi più biodisponibile. Le proprietà antiossidanti e antiinfiammatorie della curcumina possono essere così sfruttate meglio. Queste formulazioni sono state usate con buoni risultati in casi di uveite cronica e si ritiene che possano essere utilizzate in numerose altre patologie oculari (retinopatia proliferativa, maculopatia, secchezza oculare, glaucoma, cataratta ecc.) e non oculari 14.
Lo zafferano e i chiodi di garofano
Un cenno meritano anche lo zafferano e i chiodi di garofano. Il primo è in assoluto la spezia più costosa: ricavato dagli stimmi del Crocus sativus (70mila fiori danno 2,5 kg di stimmi da cui si ricava 1 kg di zafferano), è ricchissimo di antiossidanti, che non vengono alterati in cottura. Va da sé che il costo ne condiziona l’uso e che l’apporto di antiossidanti dello zafferano nella nostra dieta è minimo. I chiodi di garofano, boccioli non dischiusi ed essiccati di Eugenia caryophillata, sono ricchi in eugenolo, dotato di proprietà antimicrobiche sfruttate ampiamente nella disinfezione del cavo orale e nelle medicazioni dentarie.
Cannella, antimicrobica e antiossidante

La cannella, sia quella comune, sia la Cassia (o Cinnamomum aromaticum) è già citata nella Bibbia. In Egitto era usata come conservante, nell’imbalsamazione delle mummie, come astringente e germicida. Tradizionalmente impiegata nella bronchite cronica, entra oggi nella preparazione di farmaci e cosmetici (per esempio nei dentifrici), oltre che in condimenti, dolci, bevande come aromatizzante.
La cannella dimostra insospettate proprietà metaboliche. L’assunzione di cannella, infatti, ad una dose compresa tra 120 mg e 6 g/die di 2 g/die per 4-18 settimane, si è dimostrata efficace nella riduzione della glicemia e dei livelli di colesterolo totale e di trigliceridi in pazienti con diabete di tipo 2 15. Anche la pressione arteriosa è risultata ridotta, sempre in pazienti diabetici, con livelli di assunzione di cannella compresi tra 500 mg e 2,4 g/die 16. Attorno ai 6 g, inoltre, la cannella assunta al pasto facilita lo svuotamento gastrico.
Zenzero, antiemetico e antiossidante
Il rizoma della pianta perenne Zingiber officinale Roscoe è meglio conosciuto come zenzero. Contiene alcune centinaia di composti diversi, la cui concentrazione varia in base al paese d’origine. Il gusto pungente è dato dalla presenza di composti chiamati gingeroli. Lo zenzero è noto da 2000 anni per i suoi effetti antinfiammatori e antiossidanti; in effetti le ricerche attuali non hanno fatto che confermare quanto già ampiamente dimostrato dalla tradizione.
Particolarmente potente si è confermata l’attività antiossidante 17, che cresce al crescere della dose di zenzero consumata. Anche l’effetto antinfiammatorio è simile in molti casi a quello dei farmaci convenzionali e si manifesterebbe nell’uomo già a dosi di 1 g.
Altri dati sperimentali suggeriscono per lo zenzero un’attività antipertensiva e vasodilatante. Alcuni studi suggeriscono inoltre un’attività antitumorale, grazie a un componente, il 6-shogaolo, che sembra attivo nei confronti dello sviluppo di metastasi del carcinoma mammario.
L’impiego più tradizionale dello zenzero è però riservato al controllo di nausea e vomito da cause diverse, dalla nausea gravidica, a quella post-operatoria, al mal di mare: del resto i marinai ne consumavano almeno 1 g al giorno proprio a questo scopo.

Conclusioni
Le spezie sono sempre state utilizzate dall’umanità per migliorare il gusto e la digeribilità degli alimenti e per scopi terapeutici (soprattutto dalle popolazioni del Sud-Est asiatico).
Negli ultimi decenni si è cominciato ad approfondire e comprendere i meccanismi d’azione delle spezie, ciò che ha portato a studi e sperimentazioni inedite sul loro utilizzo in diverse patologie, alla luce delle più aggiornate conoscenze di fisiopatologia.
Le proprietà digestive, antiossidanti, antidegenerative, antiinfiammatorie, potenzialmente antineoplastiche ecc., sono sempre più spesso ricercate e utilizzate in singole patologie, anche in concomitanza con i farmaci, di cui potrebbero esaltare l’efficacia e ridurre la dose utilizzata.
Come Medici di Famiglia non possiamo ignorare l’utilizzo delle spezie; anzi, in quest’epoca di globalizzazione, in cui le spezie sono utilizzate quotidianamente a scopo alimentare da molti pazienti di nazionalità straniera (particolarmente asiatici), dobbiamo imparare a conoscere le spezie stesse come alimenti (Tabella) e come sorgenti di principi attivi che possono avere effetti positivi sullo stato di salute. C’è oggi una sensibilità sempre più diffusa verso l’utilizzo delle spezie nella prevenzione e terapia delle malattie cronico-degenerative (artrosi - artriti, patologie cardiocircolatorie, invecchiamento, deterioramento cognitivo, tumori).
Vorremmo sottolineare infine un aspetto ancora poco noto, ma potenzialmente molto fecondo: le interazioni multiple tra i principi attivi delle spezie, i diversi alimenti, le erbe e i farmaci. Approfondire queste conoscenze rappresenta oggi una sfida, ma anche un’opportunità per la migliore comprensione e una gestione sempre più attenta della salute del singolo individuo.

Bibliografia
1 Srinivasan K. Black pepper and its pungent principlepiperine: a review of diverse physiological effects. Crit Rev Food Sci Nutr 2007;47:735-48.
2 Westerterp-Plantenga M, Diepvens K, Joosen AM, et al. Metabolic effects of spices, teas, and caffeine. Physiol Behav 2006;89:85-91.
3 Ying X, Chen X, Cheng S, et al. Piperine inhibits IL-ß induced expression of inflammatory mediators in human osteoarthritis chondrocyte. Int Immunopharmacol 2013;17:293-9.
4 Chonpathompikunlert P, Wattanathorn J Wattanathorn J, et al. Piperine, the main alkaloid of Thai black pepper, protects against neurodegeneration and cognitive impairment in animal model of cognitive deficit like condition of Alzheimer’s disease. Food Chem Toxicol 2010;48:798-802.
5 Lee KP, Lee K, Park WH, et al. Piperine Inhibits Platelet-Derived Growth Factor-BB-Induced Proliferation and Migration in Vascular Smooth Muscle Cells. J Med Food 2014 Nov 10 [Epub ahead of print].
6 Greenshields AL, Doucette CD, Sutton KM, et al. Piperine inhibits the growth and motility of triple-negative breast cancer cells. Cancer Lett 201;357:129-40.
7 Sharma SK1, Vij AS, Sharma M. Mechanisms and clinical uses of capsaicin. Eur J Pharmacol 2013;720:55-62.
8 Derry S, Lloyd R, Moore RA, et al. Topical capsaicin for chronic neuropathic pain in adults. Cochrane Database Syst Rev 2009;(4):CD007393.
9 Hayman M, Karn. Capsaicin: a review of its pharmacology and clinical applications. Anest Crit Care 2008;19:338-43.
10 Aggarwal B, Sung B. Pharmacological basis for the role of curcumin in chronic diseases: an age-old spice with modern targets. Trends Pharmacol Sci 2009;30:85-94.
11 Kim B, Giardiello FM. Chemoprevention in familial adenomatous polyposis. Best Pract Res Clin Gastroenterol 2011;25:607-22.
12 Shehzad A, RehmanG, Lee YS. Curcumin in Inflammatory Diseases. Biofactors 2013;39:69-77.
13 Brondino N, Re S, Boldrini A, et al. Curcumin as a therapeutic agent in dementia: a mini systematic review of human studies. Scientific World Journal 2014;2014:174282.
14 Pescosolido N, Giannotti R, Plateroti AM, et al. Curcumin: therapeutical potential in ophthalmology. Planta Med 2014;80:249-54.
15 Allen RW1, Schwartzman E, Baker WL, et al. Cinnamon use in type 2 diabetes: an updated systematic review and meta-analysis. Ann Fam Med 2013;11:452-9.
16 Akilen R, Pimlott Z, Tsiami A, et al. Effect of short-term administration of cinnamon on blood pressure in patients with prediabetes and type 2 diabetes. Nutrition 2013;29:1192-6.
17 Kubra IR, Rao LJ. An impression on current developments in the technology, chemistry, and biological activities of ginger (Zingiber officinale Roscoe). Crit Rev Food Sci Nutr 2012;52:651-88.
Scarica questo articolo