Il Tema 1 - Gli integratori da utilizzare se il colesterolo è “alto”
Le patologie coronariche e cerebrovascolari rappresentano, nel mondo moderno, la principale causa di malattia, di invalidità e di morte. Esse sono in genere accomunate da una base aterosclerotica, quindi tipicamente multifattoriale, alla cui comparsa contribuiscono causalmente condizioni (“fattori di rischio”), che la ricerca epidemiologica ha identificato con sicurezza negli ultimi anni. Alcuni di questi fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione, sovrappeso) sono molto diffusi, con prevalenze che possono raggiungere il 50% o più della popolazione.
Tra i vari fattori di rischio, le osservazioni epidemiologiche hanno documentato da tempo l’importanza preminente della colesterolemia legata alle lipoproteine a bassa densità (LDL) nel determinare il rischio coronarico, mentre i trial di intervento hanno dimostrato l’efficacia della riduzione dei livelli plasmatici di tali lipoproteine nella riduzione del rischio stesso. Evidenze ormai molto soli- de suggeriscono infatti che ogni riduzione della colesterolemia LDL, con qualunque intervento ottenuta, determini nel tempo una riduzione di pari ampiezza percentuale del rischio coronarico e, più in generale, cardiovascolare. I positivi e concordanti risultati degli studi di intervento sono al proposito essenziali, e consentono di spostare il valore della colesterolemia legata alle LDL dalla casella degli “indicatori” del rischio di patologia (nella quale rimane invece, per esempio, la colesterolemia HDL) a quella dei fattori “causali” della patologia stessa, legittimandone quindi gli interventi di correzione con obiettivi preventivi.
La gamma degli interventi possibili per ridurre la colesterolemia LDL, fino a una decina di anni fa sostanzialmente limitata alla correzione dietetica (che consente in genere di ottenere solo modesti risultati sul profilo lipidico, com’è ben noto) e ai farmaci etici (soprattutto le statine), si è arricchita di numerosi principi attivi (spesso definiti nutraceutici, ma normativamente classificati come “integratori alimentari”), il cui impiego da parte del pubblico, negli ultimi anni, è in continua crescita. Molti di questi integratori sono dotati di una documentata efficacia sulla colesterolemia LDL; è quindi ragionevole presumere, sulla base di quanto prima ricordato (e pur in assenza, per la maggior parte di questi prodotti, di studi di intervento controllati) che un loro uso protratto nel tempo, specie se in armonia con le raccomandazioni delle linee guida, consentirà di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari nei soggetti che li assumono. Vale tuttavia la pena di ricordare che almeno alcuni di questi principi non sono esenti da interazioni con le altre terapie farmacologiche eventualmente in corso e da possibili effetti collaterali. Per tutti questi motivi è importante che il medico conosca in modo approfondito gli integratori finalizzati al controllo della colesterolemia e le caratteristiche dei principi attivi che le costituiscono. In questa rassegna verrà discusso l’effetto di alcune delle sostanze, presenti negli integratori dotati di azione di controllo della colesterolemia, attualmente disponibili sul mercato nazionale: fitosteroli, integratori a base di “riso rosso fermentato”, beta-glucano e berberina.
Fitosteroli: come agiscono
I fitosteroli sono molecole complesse, a struttura policiclica, chimicamente molto simili al colesterolo, da cui differiscono solamente per la catena laterale. Sono presenti, in quantità molto variabili, in tutti gli alimenti di origine vegetale. I fitosteroli svolgono la loro azione di controllo e riduzione della colesterolemia LDL competendo con i meccanismi intestinali di assorbimento del colesterolo; in particolare si sostituiscono al colesterolo stesso nella formazione delle micelle miste, che vengono poi internalizzate nella cellula intestinale attraverso una proteina di trasporto recentemente caratterizzata, denominata NPC1L1.
È noto che l’omeostasi del colesterolo nel fegato (che rappresenta il “cuore” del metabolismo del colesterolo) è controllata essenzialmente da tre fenomeni: la sintesi, a partire dall’acetato; l’assorbimento intestinale; la captazione delle LDL plasmatiche da parte dei recettori di superficie degli epatociti stessi. L’inibizione dell’assorbimento del colesterolo intestinale (che, vale la pena di ricordarlo, deriva per circa 300-500 mg/ die dagli alimenti, ma che per circa 1000 mg/die è invece di origine biliare) induce un significativo calo della colesterolemia, perché il minore afflusso di colesterolo assorbito dall’intestino al fegato induce il fegato stesso da un lato ad accrescere in modo compensativo la sintesi endogena (azione con effetto potenzialmente sfavorevole sulla colesterolemia) ma, dall’altro, a moltiplicare l’espressione dei recettori per le LDL presenti sulla superficie degli epatociti, aumentando la captazione di queste lipoproteine e abbassando quindi la loro concentrazione nel plasma.
I fitosteroli, dopo il loro ingresso nella cellula intestinale attraverso NPC1L1, vengono ri-estrusi nel lume da specifici meccanismi di pompa (ABCG5/G8) e possono quindi competere nuovamente con l’assorbimento del colesterolo. L’inibizione dell’assorbimento del colesterolo da parte dei fitosteroli è inoltre potenziata dalla loro capacità di co-cristallizzare con il colesterolo stesso, aumentandone così l’escrezione fecale.
Tutti questi meccanismi sono dose-dipendenti: l’azione dei fitosteroli sull’assorbimento del colesterolo correla infatti con la quantità dei fitosteroli stessi presente nel lume intestinale, sia che dipenda dall’apporto alimentare, sia da integratori. Per svolgere un significativo effetto ipocolesterolemizzante, è necessario che vengano assunte quantità di fitosteroli dell’ordine di almeno 1,5 g/die, anche se le quantità presenti nella dieta, dell’ordine di alcune centinaia di milligrammi, possono comunque modulare marginalmente la colesterolemia; il consumo degli alimenti, o degli integratori, contenenti fitosteroli dovrebbe ottimalmente aver luogo durante i pasti principali, perché la maggiore presenza di colesterolo di origine alimentare nell’intestino e la secrezione biliare contenente colesterolo indotta dal pasto ottimizzano l’efficacia di questi composti. Alle dosi ricordate (1,5-2,0 g/die) i fitosteroli riducono la colesterolemia LDL del 9-10% circa; le altre frazioni della colesterolemia (come il colesterolo HDL) e i trigliceridi restano in genere immodificate.
L’inserimento nella dieta di prodotti arricchiti in fitosteroli, o di integratori a base di queste molecole, può quindi consentire di controllare l’eccesso di rischio associato a modesti aumenti (attorno al 10%) della colesterolemia LDL. Queste molecole possono anche sinergizzare con le statine e risultare quindi utili anche in soggetti con alterazioni più marcate del quadro lipidico. I fitosteroli possono infatti neutralizzare l’aumento dell’assorbimento del colesterolo indotto compensativamente dalle statine stesse. Il calo della colesterolemia indotto dai fitosteroli, inoltre, si somma algebricamente a quello indotto dalle statine ed equivale approssimativamente ad aumentare da 2 a 4 volte il dosaggio della statina impiegata. L’associazione statine-fitosteroli va comunque realizzata sotto il diretto controllo del medico.
Il riso rosso fermentato
Il riso rosso fermentato (Red Yeast Rice, o RYR, della letteratura anglosassone), molto popolare nel nostro Paese, rappresenta il prodotto purificato dell’attività di un fungo, il Monascus Purpureus che, fermentando il riso, produce un pigmento rosso (da cui il nome) e una famiglia di molecole ad attività inibitoria sulla sintesi epatica del colesterolo, tra cui prevale la monacolina K. Chimicamente simile alla lovastatina, la monacolina K inibisce l’attività dell’enzima chiave nella sintesi del colesterolo, l’HMGCoA reduttasi.
È probabile che la sintesi della monacolina K, da parte del Monascus Purpureus, rappresenti un meccanismo di autoprotezione: il suo rilascio nell’ambiente inibisce infatti la formazione di colesterolo (e quindi di pareti cellulari) da parte di possibili competitors, garantendo così al fungo un microambiente libero da potenziali concorrenti.
La monacolina K nella matrice dell’estratto di riso rosso fermentato, sembra caratterizzata da una biodisponibilità maggiore rispetto a quella della lovastatina di sintesi; all’efficacia del riso rosso stesso nel controllo della colesterolemia concorre probabilmente anche la presenza, nell’estratto attivo, di altre monacoline, pure dotate di attività inibitoria nei confronti dell’HMGCoA reduttasi. La monacolina K, come la lovastatina, è metabolizzata dal citocromo P450, e specificamente dall’isoforma 3A4, su cui transita dal 30 al 50% dei farmaci impiegati in farmacoterapia umana. È interessante osservare che un riso rosso fermentato (xuezhikang) è stato impiegato, in Cina, in uno studio clinico randomizzato, condotto su circa 5.000 soggetti con un pregresso evento coronarico. Lo studio (China Coronary Secondary Prevention Study) ha confermato che il riso rosso impiegato riduce la colesterolemia LDL (-20%) e, soprattutto, induce una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante degli eventi coronarici, sia fatali sia non fatali, degli ictus cerebrali e della mortalità per tutte le cause (-31%, -44% e -32%, rispettivamente).
Gli integratori a base di riso rosso fermentato sembrano caratterizzati da un migliore profilo di sicurezza rispetto alle statine, che si tradurrebbe anche in una maggiore compliance del paziente. È tuttavia anche possibile che tale maggiore tollerabilità sia attribuibile ai bassi livelli di principio attivo (da 3 a 10 mg) presente negli integratori disponibili in Italia. Una recente segnalazione di ricercatori italiani, basata sul sistema di monitoraggio degli effetti collaterali degli integratori presenti sul mercato nazionale, attivo dal 2002, ha descritto 55 reazioni avverse, osservate in 52 soggetti nell’arco di circa 13 anni attribuibili, con maggiore o minore certezza, al riso rosso fermentato. Per 13 di queste reazioni (tra cui un caso di rabdomiolisi, evento avverso tipico della famiglia delle statine) si è reso necessario un ricovero in ambiente ospedaliero; tutti i casi osservati si sono conclusi favorevolmente, con la sospensione dell’integratore.
Valutato in termini di incidenza assoluta, e tenendo conto dell’amplissimo mercato di questi integratori, il dato di incidenza di effetti collaterali rilevato appare estremamente basso, e sostanzialmente rassicurante; riconferma comunque l’importanza del controllo del medico (o dei professionisti della salute) sull’uso di queste molecole, soprattutto nei confronti delle possibili interazioni del riso rosso fermentato con altri farmaci e della selezione dei candidati al trattamento. Integratori alimentari a base di questo principio attivo sono facilmente acquistabili sul web: ma è fondamentale orientarsi verso i prodotti di aziende note e affidabili, soprattutto per evitare contaminazioni (come quella da citrinina), diffuse nei prodotti di minore qualità.
Beta-glucano e fibra alimentare
Un adeguato apporto alimentare, o da integrazione, di fibra alimentare (cioè di carboidrati complessi che, non digeriti dagli enzimi amidolitici umani, raggiungono intatti il piccolo intestino), possiede una certa efficacia nel controllo della colesterolemia LDL. Il meccanismo d’azione ipocolesterolemizzante della fibra non è del tutto noto, anche se è probabile che i meccanismi in gioco siano essenzialmente diretti sull’assorbimento o sull’escrezione fecale del colesterolo stesso, o degli altri grassi alimentari. Questo effetto sarebbe maggiore per la fibra solubile, specie se viscosa, che tende nell’intestino ad assorbire acqua, trasformandosi in un gel in grado di “intrappolare” il colesterolo e soprattutto i grassi alimentari, facilitandone così l’eliminazione fecale.
Un’efficacia specifica in proposito è posseduta dal beta-glucano, fibra solubile presente in piccole quantità nei cereali, in alcuni funghi e, in quantità maggiori, nell’orzo e nell’avena. Il betaglucano è attualmente disponibile come integratore o come ingrediente di alimenti arricchiti. Alcune metanalisi hanno definito con precisione la portata dell’effetto sulla colesterolemia LDL che, per un consumo dell’ordine di 3 g al giorno, si riduce tra il 5 e il 6%, in assenza di effetti significativi sulle altre frazioni del profilo lipidico. Il beta-glucano svolge altri effetti me tabolici di tipo favorevole: a dosaggi più elevati, infatti, sembra in grado di influenzare favorevolmente la glicemia (probabilmente per un effetto di adsorbimento del glucosio liberato dagli enzimi digestivi, che ne rallenta l’assorbimento) e svolgerebbe un effetto di tipo prebiotico, migliorando selettivamente la presenza di alcuni ceppi batterici benefici nel microbiota intestinale.
Berberina: un inbitore naturale della PCSK9
La berberina, un alcaloide estratto dalla radice di una pianta orientale, è caratterizzata da una significativa capacità di ridurre il colesterolo legato alle lipoproteine aterogene LDL, ma anche da effetti favorevoli sui livelli dei trigliceridi e sul profilo glicemico. Il meccanismo principale dell’azione ipocolesterolemizzante della berberina è noto. La berberina riduce infatti i livelli plasmatici della PCSK9, proteina che facilita la degradazione dei recettori per le LDL. L’effetto finale della berberina è quindi di aumentare la presenza dei recettori per le LDL sulla superficie degli epatociti (e quindi la capacità del fegato di “catturare” le LDL dal plasma).
È interessante sottolineare che, nei soggetti con anomalie genetiche che comportano una perdita di efficacia della PCSK9, sono ridotti i valori di colesterolemia LDL, con un parallelo ridotto rischio di infarto miocardico: si conferma così l’importanza di questa proteina nella genesi della malattia aterosclerotica coronarica nell’uomo. Il meccanismo di inibizione della PCSK9 è di particolare interesse, tanto che sono ormai disponibili, per l’uso clinico, anticorpi monoclonali finalizzati a ridurre l’attività di quest’enzima nel plasma, tali da indurre riduzioni molto ampie (fino al 75%) dei livelli delle LDL plasmatiche.
La berberina, d’altra parte, svolgerebbe anche effetti genici più specifici, stabilizzando l’RNA messaggero che codifica per il recettore delle LDL. La combinazione di questi due meccanismi (stabilizzazione dell’mRNA e riduzione dell’attività della PCSK9) aumenta la presenza del recettore stesso sulla superficie dell’epatocita e incremente ta quindi, di conseguenza, la captazione cellulare delle LDL, riducendone i livelli plasmatici.
Il meccanismo di controllo della glicemia da parte della berberina è altrettanto complesso e correla sia con la capacità di questa molecola di ridurre l’assorbimento intestinale di glucosio, sia con l’effetto di aumento della captazione muscolare ed epatica del glucosio stesso. Inoltre, la molecola svolgerebbe non solo un’azione di tipo incretinico (aumentando il rilascio di GLP-1, e quindi di insulina), ma anche di sensibilizzazione all’insulina, facilitando così la captazione cellulare del glucosio. Nonostante i complessi e molteplici meccanismi d’azione, la berberina sembra caratterizzata da un elevato profilo di tollerabilità, almeno fino a dosaggi di 1000-1500 mg/die. La sua biodisponibilità è però bassa e oggetto di interventi di carattere farmaceutico finalizzati ad aumentarne l’assorbimento intestinale.
In conclusione, i principi attivi presenti sul mercato nazionale consentono di intervenire sulla colesterolemia LDL con un’efficacia ipocolesterolemizzante molto varia, che oscilla dal 5% al 30% circa. Alcune di queste molecole, inoltre, possono sinergizzare, grazie alla complementarietà dei rispettivi meccanismi di azione e rafforzare gli effetti di diete o di farmaci ipocolesterolemizzanti. La combinazione di monacolina e berberina, in particolare, permette di antagonizzare l’aumento dell’espressione della PCSK9 successiva alla somministrazione della monacolina e, in genere, delle statine.
Combinazioni di nutraceutici
La ricordata multifattorialità della malattia aterosclerotica e la frequente presenza contemporanea di fattori di rischio diversi in condizioni cliniche diffuse nella popolazione, rende interessante la formulazione di complessi di integratori, in grado di influire favorevolmente sui vari fattori di rischio. Sono infatti ormai disponibili per l’uso clinico integratori in grado di controllare contemporaneamente la colesterolemia LDL e i valori della pressione arteriosa, oppure la glicemia e, in particolare, la risposta glicemica postprandiale.
Questa seconda combinazione di effetti (che si può ottenere, per esempio, impiegando estratti di Morus Alba, la cui azione di controllo della glicemia post-prandiale è ben documentata) possiede un significato specifico nella sindrome metabolica, caratterizzata dalla presenza contemporanea di vari fattori di rischio di natura lipidica (basse HDL, elevati trigliceridi), di elevati valori pressori, di alterazioni del metabolismo glicidico. È tra l’altro noto che la combinazione di più principi in una sola formulazione migliora l’adesione del paziente alla terapia, riducendo il numero delle unità farmacoterapiche (compresse, capsule o bustine), da assumere quotidianamente.
Conclusioni
- Integratori con una significativa capacità di migliorare il profilo lipidico sono disponibili per l’uso clinico, nel nostro Paese, ormai da alcuni anni.
- Tra i principi attivi disponibili, il riso rosso fermentato, titolato in monacolina K, si caratterizza per la maggiore capacità di ridurre la colesterolemia LDL; la sua indicazione elettiva è quindi probabilmente rappresentata dai pazienti con ipercolesterolemia lieve/moderata e rischio cardiovascolare globale non elevato.
- La berberina unisce a una buona azione sulla colesterolemia LDL una significativa efficacia sui livelli ematici dei trigliceridi e sulla glicemia: trova perciò una sua indicazione selettiva soprattutto nel paziente con ipercolesterolemia e sindrome metabolica, o nei pazienti con intolleranza alle statine.
- In questi ultimi soggetti anche i fitosteroli che, come la berberina, sono in grado sinergizzare con le statine, o con il riso rosso fermentato, possono svolgere un ruolo significativo.
- Nonostante questi prodotti possano essere liberamente acquistati dai pazienti, una loro raccomandazione d’uso da parte del medico,anche con l’obiettivo di limitare il rischio (peraltro basso) di effetti collaterali, appare altamente opportuna.
- Impiegati correttamente, sotto la supervisione medica, questi prodotti possono infatti svolgere un ruolo non marginale nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari, contribuendo al trend decrescente di queste patologie che si osserva ormai da decenni nel nostro paese.
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Il Tema 2 - Efficacia e sicurezza rigorosamente “evidence based”
Per massimizzare le probabilità di una vita lunga e in buona salute è necessario un approccio multifattoriale basato su tutte le informazioni e gli strumenti disponibili: dallo studio dell’anamnesi familiare alla diagnosi precoce, dalla prevenzione all’educazione a vivere in salute fin dalla prima infanzia, fino alla correzione degli stili di vita e alla scelta degli alimenti (e degli ingredienti) che compongono la dieta, che deve essere adeguata all’età, allo stile di vita e allo stato di salute. Infatti, le linee guida nutrizionali nazionali e internazionali forniscono indicazioni precise circa i limiti quantitativi dei livelli di assunzione giornaliera dei diversi micro e macro nutrienti, oltre che informazioni di carattere qualitativo per quanto riguarda il ruolo di componenti minori di origine naturale, dotati di attività biologica.
Per alcuni di essi, o meglio per alcuni loro componenti, l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA) ha autorizzato l’uso di specifiche indicazioni (claim) nutrizionali e di salute, consentendo e regolamentando così la comunicazione al pubblico dei benefici associati al consumo di sostanze nutritive o a effetto nutrizionale e fisiologico, purché presenti nel prodotto finale in quantità adeguate e in forma utilizzabile dall’organismo. A ogni claim corrisponde una precisa definizione dei relativi effetti funzionali, che sono stati dichiarati rilevanti per la salute e il benessere. A conferma della solidità delle informazioni disponibili, i pareri scientifici pubblicati da EFSA sono basati su un’attenta analisi della letteratura scientifica e delle evidenze, oltre che della dimostrazione della sicurezza e della biodisponibilità delle diverse sostanze (Figura).
Tra i fattori di rischio per le malattie cronicodegenerative, quelli associati alle patologie cardiovascolari presentano alcune caratteristiche peculiari: sono ormai piuttosto semplici da individuare, anche precocemente e sono, al tempo stesso, quelli maggiormente e più direttamente influenzati da interventi di tipo dietetico. Inoltre, proprio in questo ambito si sono dimostrate particolarmente efficaci le strategie mirate a mantenere le condizioni fisiologiche e a ridurre, o quantomeno a ritardare, l’intervento farmacologico.
Figura 1

La prevenzione
È emblematico il caso della colesterolemia, totale e soprattutto LDL: la metà degli Italiani in età adulta presenta concentrazioni di colesterolo nel sangue non ottimali, ma solo una parte di essi viene per questo seguita dal punto di vista clinico.
L’interesse per la colesterolemia come fattore di rischio controllabile, supportato da un’ampia letteratura pubblicata negli ultimi decenni, viene costantemente confermato dalle istituzioni a tutti livelli. Concentrazioni elevate di colesterolo LDL nel sangue sono state riconosciute come fattore di rischio per le coronaropatie, importanti cause di mortalità e morbilità, già agli inizi dell’attività di revisione dei claim nutrizionali e di salute da parte di EFSA: che considera non solo la riduzione, ma anche il “controllo” della colesterolemia LDL, fonte di accertato beneficio per la salute. Il tutto per garantire al consumatore la disponibilità di prodotti sicuri ed efficaci e la comunicazione trasparente e corretta degli effetti fisiologici e di salute.
Il medesimo approccio è stato condiviso dalla Commissione europea che, fino a oggi, ha autorizzato 259 claim tra salutistici e nutrizionali, per la maggior parte associati a vitamine e minerali, 20 dei quali relativi a effetti di mantenimento e riduzione della colesterolemia. Inoltre, tra i 14 claim di salute ex art. 14.1 del Regolamento EU 1924/2006, ben 7 (il 50%) sono stati autorizzati per nutraceutici o per nutrienti ritenuti in grado di ridurre i livelli di colesterolo.
Quali sono i claim approvati da EFSA
Claim sia nutrizionali, sia di salute sono stati per esempio approvati dall’EFSA per gli steroli di origine vegetale, distinguendo nel caso specifico l’effetto in base alla dose giornaliera: se cioè si parla di “mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue”, l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di almeno 0,8 g mentre, nel caso della “riduzione della colesterolemia”, l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 1,5-3 g di steroli o stanoli vegetali. Si tratta, nel secondo caso, di un effetto ben definito dal punto di vista quantitativo, compreso tra il 7% e il 10% con un’assunzione di 1,5-2,4 g/die di steroli vegetali, e tra il 10% e il 12,5% per un apporto di 2,5-3 g/die. Dosaggi comunque difficili da assumere con la sola dieta, senza impiegare prodotti supplementati o integratori di composizione adeguata.
Anche per i beta-glucani, fibre solubili ricavate da orzo e avena (e poco presenti negli altri alimenti) sono stati autorizzati claim sia nutrizionali e sia di salute, senza diversificare in termini di quantità da assumere per vantare l’effetto: la presenza in un prodotto di 3 g di beta-glucani da avena, crusca d’avena, orzo o crusca d’orzo, o da miscele di tali beta-glucani, consente di fare riferimento sia al “mantenimento di valori normali” della colesterolemia, sia alla “riduzione della colesterolemia” (con la conseguente riduzione del rischio coronarico). Sono invece necessari 4 g di beta-glucani per ogni 30 g di carboidrati disponibili, nell’ambito di un pasto, per associare le fibre da orzo e avena alla riduzione dell’aumento del glucosio ematico postprandiale.
Alla categoria delle fibre solubili appartengono anche le pectine, per le quali pure l’EFSA ha approvato un claim di tipo nutrizionale, in merito al controllo della colesterolemia, alla dose di 6 g/die.
Tra i composti per i quali è stato autorizzato l’utilizzo di claim relativi al mantenimento della colesterolemia ci sono anche i grassi polinsaturi: specificamente l’acido linoleico, il precursore a 18 atomi di carbonio della serie omega-6, e l’acido alfa-linolenico, precursore della serie omega-3. Mentre la sostituzione dei grassi saturi con grassi mono e polinsaturi è stata messa in relazione sia con il mantenimento e sia con la riduzione dei livelli di colesterolo nel sangue.
Una varietà di principi attivi
A fronte di solide evidenze scientifiche, un rapporto di tipo causa-effetto è stato riconosciuto dalla normativa europea anche tra il consumo di monacolina K da riso rosso fermentato e il mantenimento dei livelli normali di colesterolo LDL, per un dosaggio giornaliero di 10 mg. Lo stesso dosaggio che il Ministero della Salute italiano ha definito come limite massimo per l’assunzione sicura di monacolina K, alla luce degli studi che dimostrano l’equivalenza di questa statina naturale con i farmaci veri e propri (10 mg è il dosaggio più basso previsto per le statine), sia per quanto riguarda l’efficacia, sia per quanto riguarda il potenziale rischio di effetti avversi.
I dati di letteratura, peraltro, indicano che il riso rosso fermentato possiede una documentata attività ipocolesterolemizzante già alla dose di 3 mg (espressa come titolo di monacolina K), forse anche per la maggiore biodisponibilità del principio attivo nella matrice biologica dell’estratto di Monascus e con effetti collaterali probabilmente inferiori. L’attenzione agli effetti collaterali ha infatti indotto lo stesso Ministero a ribadire nel 2016 l’inclusione della monacolina K tra le sostanze con effetto nutritivo e fisiologico per le quali fissare livelli massimi di utilizzo.
L’estratto di riso rosso fermentato rientra infatti anche nella lista di sostanze e preparati vegetali da impiegare negli integratori, che il Ministero della Salute ha allegato al Decreto del 27 marzo 2014, frutto della collaborazione tra Belgio, Francia e Italia (da qui la denominazione BELFRIT), nel tentativo di armonizzare la materia nei tre paesi. Infatti, aldilà dei composti che fino a ora sono stati oggetto della valutazione positiva di EFSA e Commissione europea, esiste un’ampia gamma di sostanze nutritive e di altri elementi che possono far parte della composizione degli integratori alimentari, compresi gli estratti vegetali, cioè le sostanze e i preparati vegetali (i cosiddetti botanicals) per i quali è stata registrata una storia di consumo significativo precedente al 1997, tale da far deporre a favore della loro sicurezza (ai sensi del Regolamento 258/97).
La lista italiana riporta il nome botanico della pianta, la parte utilizzata e gli effetti fisiologici attribuibili al preparato vegetale, cioè gli effetti volti a ottimizzare le funzioni dell’organismo, oltre a eventuali note. Anche tra i botanicals autorizzati sono numerosi quelli che possono essere associati al metabolismo del colesterolo (ben 19) e ancora di più quelli associati al metabolismo dei lipidi (32) e alla funzionalità dell’apparato cardiovascolare (47). Non tutti possono però contare su studi clinici di intervento randomizzati e controllati a conferma degli effetti benefici, come quelli condotti con la berberina (un alcaloide contenuto nella corteccia di diverse piante, come la Berberis aristata) che, infatti, è stata inserita tra i nutraceutici efficaci nel controllo dell’ipercolesterolemia riportati nel Position Statement delle Società italiane di diabetologia e dell’aterosclerosi. Cruciale per l’effetto della berberina sembra essere la biodisponibilità, che può essere variabile sia su base individuale, sia a seconda della preparazione considerata. Anche in questo caso, l’indicazione generale è di scegliere prodotti di qualità, che garantiscano sicurezza d’uso e concentrazioni definite dei principi attivi.
Prospettive interessanti vengono anche dagli studi su componenti di natura polifenolica, come quelli presenti negli estratti dei frutti del genere Citrus (per esempio il bergamotto), o nelle foglie di carciofo.
Conclusioni
- Il ruolo dell’integrazione della dieta con i nutraceutici nella gestione dei livelli di colesterolo è supportato da evidenze solide e convincenti, anche alla luce dell’utilità, in termini di salute pubblica, di un intervento mirato al mantenimento dei livelli fisiologici nella popolazione adulta, la cui età media è in costante aumento.
- Nonostante solo alcuni nutraceutici di origine vegetale come i fitosteroli, alcune fibre solubili (beta-glucani da orzo e avena e pectine) e gli estratti di riso rosso fermentato (per la presenza di monacolina K) abbiano superato l’esame dell’EFSA e possano essere associati a claim relativi al mantenimento o alla riduzione della colesterolemia, dati solidi, riconosciuti ufficialmente dal nostro Ministero della Salute, emergono dalla letteratura anche per la berberina.
- Studi controllati sono tuttora in corso per approfondire l’efficacia di altri prodotti di origine vegetale.
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