La sostituzione isocalorica (cioè a parità di calorie consumate) del glucosio o del saccarosio con il fruttosio non comporta rischi per le persone sane e normopeso, ma nemmeno per chi presenta alterazioni del metabolismo glucidico (o diabete conclamato) e per chi è sovrappeso o obeso. Saranno invece necessari ulteriori studi per trarre conclusioni certe relative al rischio di gotta, malattia diffusa nel sesso maschile.
Fermo restando che l’apporto di questi zuccheri semplici deve comunque essere moderato e non eccedere le raccomandazioni delle linee guida.
Il fruttosio è lo zucchero naturalmente presente nella frutta (in piccole quantità anche in altri ve- getali) ed è uno dei due componenti dello zucchero da cucina (o saccarosio), nel quale è legato al glucosio.
Rispetto al glucosio e al saccarosio ha un indice glicemico ridotto: una caratteristica piuttosto favorevole sul piano nutrizionale. Inoltre è più dolce: ciò consente, in teoria, di ottenere lo stesso potere dolcificante utilizzando una quantità minore di zucchero aggiunto, quindi riducendo le calorie.
Un’altra fonte di fruttosio è rappresentata dagli sciroppi prodotti dai cereali, utilizzati per dolcificare bevande e alimenti: sono lo sciroppo di glucosio-fruttosio e quello di fruttosio-glucosio, a seconda della percentuale di fruttosio, che può variare dal 5 al 50%.
Nei cosiddetti HFCS (sciroppi di mais a elevato tenore di fruttosio), impiegati in alcuni soft-drinks, il fruttosio può addirittura raggiungere il 55-65%. A dare il polso delle attuali conoscenze sul rapporto tra assunzione di fruttosio (con cibi e bevande) e salute sono quattro metanalisi pubblicate negli ultimi due anni, che smentiscono opinioni piuttosto diffuse non soltanto sul web, ma anche tra medici e nutrizionisti.
Per questi motivi, il gruppo di Canberra ha esaminato prima di tutto gli effetti immediati (in acuto, post-prandiali) della sostituzione isoenergetica di glucosio e saccarosio con fruttosio. I lavori selezionati hanno coinvolto soggetti sani e persone con pre-diabete, o con malattia conclamata (diabete di tipo 1 o di tipo 2), senza escludere soggetti sovrappeso od obesi.
Sostituire il glucosio con fruttosio, a parità di calorie, riduce il picco glicemico post-prandiale in media di 42 mg/dL, ma in modo più marcato (anche se non statisticamente significativo) nei soggetti con compromissione del metabolismo glucidico o diabete di tipo 1, rispetto ai sani (-54 mg/dl rispetto a -37 mg/dL). I risultati migliori si sono avuti però nelle persone con diabete di tipo 2, con una riduzione del picco glicemico (-84 mg/dL) statisticamente significativa.
Riduzioni meno marcate per la glicemia a digiuno
La seconda metanalisi del gruppo australiano ha analizzato i risultati dopo consumo continuato (in cronico) di fruttosio, sempre come sostituto isoenergetico del glucosio, o del saccarosio. In media gli studi sono durati 4 settimane. L’utilizzo del fruttosio, al posto di glucosio o saccarosio, ha ridotto anche la glicemia a digiuno, ma in modo meno marcato rispetto alla glicemia post-prandiale: rispettivamente -3,0 mg/dL e -4,0 mg/dL.
Analizzando solo i soggetti con compromissione del metabolismo glucidico o con diabete, la risposta si accentua: rispettivamente -11 mg/dL e -14 mg/dL. Utilizzare d’abitudine il fruttosio non fa invece variare l’insulinemia a digiuno; la sostituzione del saccarosio con fruttosio vede un minimo (ma significativo) aumento dell’indice HOMA-IR (+0,12), mentre, se a esser sostituito è il glucosio, la riduzione è trascurabile (-0,01). Gli altri parametri considerati sono stati il peso e la trigliceridemia a digiuno.
Sostituire per quattro settimane il glucosio con fruttosio porta a una riduzione ponderale di 1,40 kg, che come atteso si dimezza (-0,66 kg) quando a essere sostituito è il saccarosio. Per quanto riguarda la trigliceridemia a digiuno, soltanto nei soggetti con alterazione del metabolismo glucidico, o diabete conclamato la sostituzione del saccarosio con fruttosio ha indotto una riduzione, minima (-7 mg/dL), ma statisticamente significativa.
Gli Autori commentano questi risultati in controtendenza rispetto a quanto rilevato fino ai primi anni Duemila, per sottolineare che gran parte dei dati precedenti erano scaturiti da studi su roditori, nei quali la regolazione del metabolismo glucidico (insulinoresistenza soprattutto) e la neo-lipogenesi seguono vie metaboliche profondamente diverse da quelle umane. Inoltre, negli studi clinici precedenti, la sostituzione di glucosio e saccarosio con fruttosio non era mai stata isoenergetica (errore metodologico non di poco conto) e, spesso, si erano considerate assunzioni di zuccheri per nulla aderenti alla quotidianità dei consumi reali.
Conclusione: sostituire glucosio o saccarosio con fruttosio, mantenendo inalterato l’apporto calorico e rispettando le indicazioni di consumo dei carboidrati totali delle linee guida, può contribuire al controllo quotidiano della glicemia postprandiale, senza timore di ripercussioni negative anche sul lungo periodo; non influisce sulla trigliceridemia (e in particolare non la aumenta in modo significativo) e ha effetti positivi anche sul bilancio ponderale.
Nessuna associazione con il diabete di tipo 2
Una terza metanalisi 3, pubblicata in maggio, è stata condotta dal gruppo di David Jenkins e John Sievenpiper (Università di Toronto, Cana da), tra i maggiori esperti mondiali di metabolismo glucidico. L’indagine ha considerato 15 ricerche prospettiche su coorti di soggetti sani, in cui erano confrontati i consumi più alti e quelli più bassi di zuccheri totali, di saccarosio o di fruttosio (indipendentemente dal modo in cui erano assunti), rispetto al rischio di diabete di tipo 2. In totale, gli studi selezionati hanno coinvolto oltre 250 mila persone.
Queste le assunzioni massime e minime quotidiane rilevate rispetto a zuccheri totali, fruttosio e saccarosio: 137- 65 g/die, 35,2-9,7 g/die, 78-25,8 g/die.
La conclusione è rassicurante: l’assunzione di fruttosio, anche alle dosi maggiori, non risulta associata ad aumento del rischio di diabete di tipo 2.
Il gruppo canadese fa però presente che c’è ampio spazio per nuovi studi, soprattutto perché è sempre più evidente che un singolo aspetto (o componente) dell’alimentazione non può essere considerato unico responsabile del rischio di malattia, ma va valutato nell’ottica corretta e più ampia delle molti fonti di zuccheri della dieta.
Per iperuricemia e gotta occorrono approfondimenti
Viene ancora dal gruppo di Jenkins e Sievenpiper la quarta metanalisi sul rapporto tra fruttosio e salute 4. Lo studio affronta l’aspetto forse più controverso: quello tra assunzione di fruttosio, iperuricemia e gotta.
In questo caso la valutazione ha considerato i due maggiori studi prospettici di popolazione statunitensi: lo Health Professionals Follow-up Study e il Nurses’ Health Study. In queste due amplissime ricerche di popolazione (oltre 125 mila soggetti, tra uomini professionisti della salute e donne infermiere) di durata imponente (12 anni la prima, 22 la seconda), è stato analizzato il rapporto tra assunzione totale di fruttosio (calcolato come consumo giornaliero di fruttosio di per sé, sommato alla metà dell’apporto di saccarosio) e andamento dell’uricemia (fattore di rischio per la gotta) e della probabilità di sviluppare un quadro clinico di gotta conclamata.
L’apporto quotidiano di fruttosio variava tra il 7,2% e l’11,9% del totale calorico quotidiano. Le fonti di fruttosio, nello Health Professionals Follow-up Study, erano il succo d’arancia, seguito dai soft drink, e poi mele, uva e arance. Com’è noto, la prevalenza di gotta è maggiore nel sesso maschile (4:1 rispetto a quello femminile): anche se il meccanismo alla base di questa differenza non è ancora stato chiarito, si suppone che il ruolo protettivo principale venga svolto dagli ormoni femminili. Tant’è vero che il tasso di manifestazioni gottose è risultato maggiore negli uomini rispetto alle donne.
Per quanto riguarda il dato specifico, questa metanalisi conferma le osservazioni di studi precedenti, in cui era emersa un’associazione diretta tra assunzione di fruttosio e aumento del rischio di gotta; meno chiare risultano invece le evidenze sulla relazione tra assunzione di fruttosio e uricemia. Da segnalare in proposito una metanalisi 5 degli stessi autori che, nel 2012, aveva rilevato come l’assunzione di fruttosio inducesse iperuricemia soltanto se aggiunto alla dieta, ma non come sostituto isocalorico di glucosio o saccarosio.
Secondo gli Autori sarebbero opportuni altri studi prospettici, mirati e multicentrici (in più aree mondiali), perché lo Health Professionals Follow-up Study e il Nurses’ Health Study sono esclusivamente statunitensi. Una ricerca ad hoc multicentrica mondiale, invece, permetterebbe di includere popolazioni di etnie diverse, con abitudini alimentari diverse.
L’ultima osservazione, ma non per importanza, riguarda proprio la forma di assunzione del fruttosio e le quantità: gli Autori ricordano che, per quanto riguarda la prevenzione di iperuricemia e gotta, l’American College of Rheumatology raccomanda di limitare l’assunzione di energy drink e soft drink dolcificati con sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, ma non menziona altre fonti alimentari di questo zucchero (frutta e derivati, prodotti cerealicoli, latticini). Infine, è ancora una volta ribadita la necessità di non superare l’apporto quotidiano di carboidrati totali indicato da tutte le linee guida.
Bibliografia
1 Evans RA, Frese M, Romero J, et al. Fructose replacement of glucose or sucrose in food or beverages lowers postprandial glucose and insulin without raising triglycerides: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2017 Jun 7. pii: ajcn145151 [Epub ahead of print].
2 Evans RA, Frese M, Romero J, et al. Chronic fructose substitution for glucose or sucrose in food or beverages has little effect on fasting blood glucose, insulin, or triglycerides: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr 2017 Jun 7. pii: ajcn145169 [Epub ahead of print].
3 Tsilas CS, de Souza RJ, Blanco Mejia S, et al. Relation of total sugars, fructose and sucrose with incident type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies. CMAJ 2017;189:E711-20.
4 Jamnik J, Rehman S, Blanco Mejia S, et al. Fructose intake and risk of gout and hyperuricemia: a systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies. BMJ Open 2016; 6:e013191.
5 Wang DD, Sievenpiper JL, de Souza RJ, et al. The effects of fructose intake on serum uric acid vary among controlled dietary trials. J Nutr 2012; 142: 916-23.