Dieta e tumori
Francesco Visioli
Si stima che circa un terzo delle morti per tumore sia in qualche modo correlata con la dieta e le abitudini alimentari, anche se tali calcoli sono difficili da effettuare a causa della presenza di numerosi fattori confondenti.
È possibile che la mancanza di un apporto adeguato di fattori anticarcinogenici (oligonutrienti come vitamine, minerali quali il selenio e isotiocianati) possa contribuire ad aumentare la probabilità di sviluppare tumori indotta dai carcinogeni dietetici (es. amine eterocicliche e aflatossine, spesso presenti nei cibi cotti alla brace [le prime] o di coltivazione biologica [le seconde]). Questa ipotesi è sostenuta anche dalle numerose osservazioni epidemiologiche che dimostrano una riduzione dell’incidenza di tumori a seguito di diete ricche in frutta e verdura. Il principale effetto chemopreventivo di tali diete potrebbe non essere solo associato alla limitazione del consumo di grasso o all’aumentato apporto di fibre, ma potrebbe anche essere conseguenza dell’assunzione di componenti non-nutritivi quali licopene, isotiocianati, isoflavoni, polifenoli ed altri.
Attività chemopreventive delle crucifere
Molti studi epidemiologici riportano un’associazione inversa tra consumo di crucifere ( una famiglia di vegetali che include i broccoli, i cavolini di Bruxelles, il cavolo ed altre radici più esotiche come il wasabi ed il rafano) e rischio di sviluppare cancro in vari distretti dell’organismo. È importante sottolineare che questa associazione è statisticamente più rilevante di quella, più generale, con frutta e verdura.
In particolare, vari studi hanno dimostrato associazioni inverse tra consumo di crucifere e tumori a carico di polmone, pancreas, vescica, prostata, tiroide, pelle, stomaco e colon. Come conseguenza di questi studi, fin dal 1982 il National Institute of Health ha promulgato una serie di linee guida per l’aumento del consumo dietetico di crucifere da parte della popolazione.
Oltre a vari composti bioattivi, le crucifere contengono un gruppo di metaboliti secondari chiamati glucosinolati, che possono giocare un ruolo rilevante in chemoprevenzione. Gli altri componenti bioattivi delle crucifere sono flavonoidi (quercetina), minerali (selenio), cisteina e suoi derivati solforati. Le strutture chimiche dei glucosinolati sono simili in tutte le piante che li contengono e consistono in una struttura base di un gruppo ?-D-tioglucosio, un gruppo sulfonato ed una catena laterale derivata da metionina, fenilalanina, triptofano e aminoacidi ramificati. Ne sono stati identificati ad oggi più di 120, ma non ne è stato identificato alcun ruolo metabolico nelle piante. Teleologicamente, è possible che il forte odore ed il sapore dei glucosinolati rivesta importanza in un loro ruolo come difesa contro erbivori e microbi.
Meccanismi chemoprotettivi degli isotiocianati
Gli isotiocianati posseggono potenti attività chemoprotettive, dimostrate in vitro ad in vivo.
I meccanismi d’azione responsabili di questi effetti sono stati studiati nel corso degli anni, anche per poter identificare eventuali target farmacologici che possano portare allo sviluppo di nuovi farmaci.
Detossificazione La maggior parte delle attività anticarcinogeniche degli isotiocianati sono state attribuite alle loro capacità di modificare i meccanismi di detossificazione, portando ad una diminuita attivazione dei procarcinogeni e ad un’aumentata escrezione dei carcinogeni. Alcuni isotiocianati aumentano le attività sia degli enzimi di fase I sia di quelli di fase II. In tal senso, agiscono da induttori bifunzionali che attivano sia l’antioxidant response element (ARE), sia lo xenobiotic response element (XRE), fattori di trascrizione indispensabili per una corretta risposta dell’organismo allo stress. Altri isotiocianati regolano positivamente solo gli enzimi di fase II, agendo quasi esclusivamente sull’ARE. È da rilevare come la risposta dell’ARE agli stimoli stressori esterni cali sensibilmente nel corso degli anni, esponendo l’organismo alle attività mutagene dei composti ingeriti od inalati. Ne deriva la necessità di trovare agenti farmacologici o nutrizionali in grado di ripristinare le attività degli enzimi di fase II nell’anziano. Grandi passi avanti in questo senso sono già stati fatti con l’acido alfa-lipoico.
Protezione dallo stress ossidativo Lo stress ossidativo, che può derivare da un’eccessiva esposizione agli inquinanti ambientali, dalla radiazione ultravioletta o dalle radiazioni ionizzanti, può provocare danni a proteine ed acidi nucleici. Queste modificazioni possono scatenare l’originarsi di tumori ed altri disturbi di tipo degenerativo. Gli estratti di crucifere hanno potente attività antiossidanti dimostrate in vitro, ma i glucosinolati sembrano giocare un ruolo minore in questo effetto, lasciando il campo ad altri componenti delle crucifere, quali flavonoidi e polifenoli.
Inibizione della crescita del tumore e stimolo dell’apoptosi Gli isotiocianati possono rallentare la proliferazione ed aumentare il tasso di apoptosi nelle cellule cancerogene, provocando quindi un ritardo nello sviluppo del tumore. Queste attività, note soprattutto per l’indolo-3-carbinolo, si verificano in particolare a livello delle cellule mammarie e, per altri agenti quali il sulforafano (vedi oltre), a livello delle cellule del colon.
Alterazione del metabolismo degli estrogeni Isotiocianati quali l’indolo-3-carbinolo possono diminuire il rischio di tumori ormono-dipendenti tramite l’alterazione del metabolismo degli estrogeni. Gli agonisti del recettore degli estrogeni (fitoestrogeni) aumentano la 2-idrossilazione degli estrogeni e quindi ne diminuiscono le attività proliferative. Queste attività sono anche state dimostrate in vivo, in donne affette da tumore della cervice o a rischio di tumore al seno. La 2-idrossilazione degli estrogeni provoca infatti una diminuzione della loro 16-idrossilazione, che li rende più potenti agonisti del recettore.
La nuova frontiera della ricerca
La trascrizione, nelle cellule eucariote, è influenzata dal modo in cui il DNA è impaccato. Nella cellula a riposo, il DNA è compattato in modo da prevenire l’accesso ai fattori di trascrizione. Il DNA viene impaccato nella cromatina, un complesso DNA-proteico altamente organizzato e dinamico. La subunità fondamentale della cromatina, il nucleosoma, è costituito da un ottamero di quattro istoni fondamentali. Durante l’attivazione della trascrizione genica, il DNA fino a prima inaccessibile permette l’accesso alle proteine di legame tramite modificazione del nucleosoma.
L’architettura della cromatina è fortemente influenzata dalla modificazione post-traslazionale degli istoni. In particolare, la modificazione degli istoni più studiata ad oggi è l’acetilazione, che gioca un ruolo importantissimo nella regolazione dell’espressione genica, spesso alterata nel cancro. Si sta quindi sviluppando un’area di ricerca molto attiva nei confronti degli inibitori delle istone deacetilasi, in quanto tali composti potrebbero rivelarsi molto utili nella terapia del tumore, senza effetti secondari di particolare rilevanza.
Il più potente inibitore delle istone deacetilasi è la triclorostatina A (TSA), un prodotto di fermentazione dello Streptomyces, usata in origine come agente antifungino, ma dotata di potenti attività antiproliferative. La TSA appartiene al gruppo degli acidi idrossicinnamici ed agisce, in vitro, a concentrazioni nanomolari. Purtroppo, la produzione di TSA è molto costosa ed inefficiente (servono 20 passaggi con una resa del 2%) e questo composto è quindi attualmente utilizzato come sostanza di riferimento in studi volti allo sviluppi di nuovi inibitori delle istone deacetilasi.
Un altro gruppo di inibitori delle istone deacetilasi è costituito dagli acidi grassi a corta catena quali butirrato, fenilbutirrato e valproato. Questi composti sono molto meno efficaci della TSA, agendo a concentrazioni millimolari, ma la loro produzione è poco costosa ed ha portato alla loro introduzione in trial clinici, con risultati incoraggianti, seppur ancora da confermare.
Le ricerche condotte da Paul Talalay agli inizi degli anni ’90 hanno permesso di indentificare una nuova molecola dotata di potenti proprietà anticarcinogeniche, il sulforafano. Inizialmente descritto come potente induttore degli enzimi di fase II, il sulforafano si è rivelato in grado di inibire le istone deacetilasi in quanto in grado di legare l’atomo di zinco essenziale per l’attività di questi enzimi. Studi condotti nell’animale hanno dimostrato come il sulforafano sia in grado di inibire lo sviluppo di tumore al colon indotto da agenti esterni. Uno degli aspetti più interessanti della farmacologia del sulforafano è che questa molecola si accumula in concentrazioni millimolari all’interno della cellula, ed il suo metabolismo ed escrezione urinaria sono stati ben caratterizzati, anche a seguito del consumo di broccoli. Inoltre, studi effettuati nell’animale hanno dimostrato come si possano raggiungere concentrazioni plasmatiche dell’ordine di 20 micromolare, tali da essere farmacologicamente rilevanti.
In sintesi, nonostante il sulforafano sia stato per lo più studiato come induttore degli enzimi di fase II, le sue attività nei confronti delle istone deacetilasi lo rendono una molecola estremamente interessante in chemoprevenzione.
Note conclusive
La ricerca nel campo degli inibitori delle istone deacetilasi e del sulforafano sta subendo una rapida accelerazione e sono in molti a prevedere l’immissione nel mercato di integratori a base di questo composto, come coadiuvanti alla terapia o come supporto ad altre misure preventive in caso di familiarità allo sviluppo di tumore, soprattutto a livello del colon.
Nel frattempo, i consigli dei nutrizionisti di aumentare il consumo di crucifere a scopi chemopreventivi trova sempre più fondamenti scientifici e chiarimenti dei meccanismi d’azione alla base di tali attività.
Glossario
Incidenza
Il numero di nuovi casi osservati in una popolazione nell'unità di tempo (in genere un anno). Un'incidenza dell'infarto in una popolazione dell'1 per mille indica che, ogni anno, un soggetto su mille viene colpito dalla malattia. Da non confondere con "prevalenza" (vedi).
Bibliografia
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Modificato da: LPI Micronutrient Information Center e Farmacia news 10/2005